Quest'estate ho rivisto lo Squalo. A pensarci bene non è molto realistico. Certo, gli squali non sono l'incontro più piacevole che si potrebbe fare in mare aperto (e in questo uso un eufemismo), ma se guardiamo ai morti della guerra uomo-squalo, il primo vince di prepotenza. Un finale alternativo al noto film di Spielberg potrebbe essere questo: lo squalo gigante viene catturato e le sue pinne vengono vendute a peso d'oro ai ristoranti della zona; una volta mutilato, viene ributtato in mare dove muore agonizzando. Peccato che questo copione sia drammaticamente trito e le vittime non siano i predatori crudeli e incontrollabili del film.
La triste sorte degli squali ha indignato un'artista, Alice Newstead, che per protesta si è fatta arpionare la schiena e appendere come uno squalo catturato nella vetrina di un negozio della catena Lush, nota per la sua attenzione alle tematiche ambientali e animaliste. Per ben 15 minuti la donna è rimasta appesa al soffitto, sotto lo sguardo atterrito dei passanti della centralissima Regent Street.
Il suo gesto fa parte di una più ampia campagna animalista per cercare di proibire la pesca di questi animali in tutto il mondo. Alice Newstead, al termine della sua dolorosa protesta, ha dichiarato: «Lo faccio perchè la domanda di minestra di squalo e altri prodotti fatti con le sue pinne lo stanno portando all’estinzione».
In particolare la Newstead chiede venga abolita la pratica che vede lo squalo mutilato delle pinne (una prelibatezza, secondo molti) e ributtato in mare ancora vivo.
La donna ha rassicurato i passanti che la guardavano appesa nelle vetrine del negozio di Regent Street: «Ho il dorso, le braccia, le gambe e lo stomaco già con vari piercing; perciò non è stato particolarmente difficile». La campagna in difesa degli squali è promossa dall’associazione per la tutela della fauna marina Sea Shepherd.
A voi il video. Non guardatelo se il sangue vi impressiona...
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