25 febbraio 2020

Coronavirus e giornalismo di disservizio

Sabato mattina ho partecipato a un evento pubblico a cui hanno aderito oltre 200 famiglie: adulti, anziani e soprattutto bambini. Tantissimi bambini, molti dei quali sotto l'anno di età. Tutti riuniti nello stesso luogo, al chiuso.
A distanza di poche ore, alcune delle persone che ho visto assaltare un buffet erano impegnate ad assaltare gli scaffali dell'Esselunga.
Che cos'era successo nel mezzo?
Che si era diffusa la notizia che un nuovo virus, il coronavirus mutante cinese, era arrivato all'ospedale San Raffaele.
In poche ore il clima di festa è diventato il secondo tempo di "Io sono leggenda". Su Facebook e nei gruppi locali si leggevano messaggi sempre più allarmati. Dopo ogni tg c'era gente, in evidente stato di agitazione, che parlava di tassi di mortalità pari all'ebola (che però uccide più di un contagiato su due, non 2 su 100 se versano in condizioni di salute precarie), accusava le istituzioni di tenerci nascosti chissà che esperimenti virali, chiedeva nome, cognome e indirizzo del "paziente 1" per poter ricostruire le sue frequentazioni.

Che cos'ha scatenato il panico? 

I giornalisti nostrani, che anziché fare informazione responsabile spiegando quali accorgimenti adottare e stimolando il senso civico ("temi di essere entrato in contatto col virus? Resta in quarantena, non prendere il treno per tornare a casa o andare nella casa vacanze") hanno iniziato a tempestare il pubblico con bollettini di guerra. I contagiati salivano a ogni edizione, senza spiegare che sì, il virus si stava diffondendo ma non è mortale come l'ebola. Neppure lontanamente.
A contribuire a questo terrore diffuso, l'insistenza nel presentare il Paziente 1 come sportivo, giovane e in perfetta salute. Un maroneta, praticamente Superman. Se era in punto di morte lui, ovviamente, non si trattava di una "poco più che influenza" come alcuni cospiratori volevano farci credere. Peccato che pochissimi abbiano sottolineato che lo stessero curando con antibiotici perché avevano completamente sbagliato la diagnosi per giorni e che due maratone in un breve lasso di tempo depotenziano il sistema immunitario, non ti rendono superman.

Che cosa avrebbero dovuto dire?

Semplicemente che si tratta di un virus poco letale ma molto contagioso, per cui non ci sono protezioni vaccinali e che può raggiungere facilmente gli alveoli polmonari causando complicazioni serie. Quindi si potrebbe diffondere rapidamente e colpire anche le categorie più a rischio, quelle che in tempi normali fanno il vaccino antinfluenzale per proteggersi dai malanni di stagione. Così come potrebbe causare una brutta polmonite in un paziente giovane, perché ogni sistema immunitario risponde a suo modo.
Avrebbero dovuto ripetere come un mantra che il vero problema è legato a quel 15-20% di possibili complicazioni polmonari, per cui si potrebbe rendere necessario il ricovero ospedaliero e per cui le cure sono lunghe e al momento del tutto sperimentali. E se ci fosse un picco esteso i reparti andrebbero al collasso, non ci sarebbero abbastanza posti per tutti i malati. In Cina hanno creato un ospedale in 12 giorni, in quel lasso di tempo in Italia forse si arriva a una riunione del consiglio dei ministri.
Servizio pubblico è spiegare come limitare la diffusione del virus, invitando a norme igieniche basilari, limitando i contatti pubblici e non facendosi prendere dal panico.
La chiusura all'improvviso dei supermercati di Codogno e comuni limitrofi è stata una buona idea? Ovviamente no, visto che i residenti hanno dovuto spostarsi in città per fare provviste. E l'assenza di comunicazioni da parte delle istituzioni ha contribuito al panico. Ma i tg avrebbero potuto dare un contributo a riguardo, se non fossero stati troppo impegnati a fare la conta schizofrenica dei contagiati.
Di fatto, hanno buttato benzina sul fuoco per la gioia degli investitori.


Il Corriere.it ha ripubblicato sulla propria piattaforma video un contenuto del medico Roberto Burioni, pubblicato originariamente su Medical Facts. Lo ha riproposto senza citare la fonte, apponendo il proprio marchio di "Corriere TV" e aggiungendo il preroll (l'adv iniziale) che l'editore originale non aveva previsto. Sono riusciti a fare un capolavoro: monetizzare su un servizio che era stato offerto gratuitamente.
Ora, perché questo delirio mi ha spinto a scrivere questo post? Perché penso che i giornalisti abbiano contribuito non solo a far volare alle stelle i prezzi dell'Amuchina o a svuotare gli scaffali dei supermercati con scene da Guerra Fredda. Perché hanno reso quasi introvabili le mascherine, che servono a medici, infermieri, soccorritori. Hanno colpe ben peggiori: anziché evitare una possibile crisi del sistema sanitario hanno immediatamente causato la crisi dei soccorsi. Il 112 è diventato quasi inutilizzabile. Ci sono tempi d'attesa drammatici per un numero d'emergenza. Leggiamo di giornalisti che si vantano di aver personalmente verificato - anche più volte! - come sia difficile parlare con un operatore. Mi sembra un'ottima idea intasare ulteriormente i centralini, questo sì che è giornalismo d'inchiesta. Quello utile.

Purtroppo a pagarne le spese sono sempre gli altri.

Oggi, nella mia città, un uomo è morto d'infarto mentre attendeva i soccorsi. Sono stati chiamati appena si è accasciato a terra, l'ambulanza è arrivata in meno di una decina di minuti... peccato che fosse trascorsa oltre mezz'ora nel tentativo di contattare il 112. Ed è morto così, una vittima del panico da coronavirus che non comparirà in nessuna statistica ufficiale.
E quindi lo ricordo io: il 24/02/2020 un uomo è stato vittima della psicosi da coronavirus.
Il giornalismo di disservizio causa morti.