17 dicembre 2010

Facebook ha ucciso i blog?

Mi sono posta questa domanda poco fa, mentre spulciavo il mio profilo Facebook. Nella sequela di link che ho postato, ho trovato molto materiale che in passato avrei destinato al mio blog. Ora per motivi di tempo, finisco per buttare tutto nel flusso cronologico e non indicizzato del profilo.
Facebook è una macchina da guerra per tutti i pigri che vogliono condividere qualcosa. Il mio blog è nato come quaderno per appunti, niente di più. Non mi aspettavo che qualcuno perdesse tempo a visitarlo o peggio ancora, a leggerselo e a commentarlo. Però quando l'ho scoperto non me la sono più sentita di inserire link a caso senza neppure una nota di commento. Sarebbe stato come scrivere in pessima calligrafia su un foglio.
Con Facebook questo problema non c'è. E' per pigri, come dicevo. E se non lo sei, ti obbliga a esserlo. Se sei troppo prolisso neppure si spreca ad avvisarti che c'è un limite di caratteri per ogni status. Lo scopri a pubblicazione avvenuta, quando il testo troncato diventa incomprensibile anche per te che lo hai scritto. E' come se ti dicesse "sei noioso, questo è Facebook! Se vuoi scrivere un trattato vattene sul tuo blog". Twitter è pure peggio. Ci puoi scrivere un aforisma. Non puoi commentare, è un flusso costante di opinioni e notizie. Praticamente un'Ansa sociale costellata da microeditoriali. Ma Twitter richiede tempo per essere seguito e io quel tempo non ce l'ho. Facebook è più comodo. Per i pigri come me ha perfino ideato le "Notizie più popolari". Non ho ancora ben capito per chi siano popolari (per me? per gli amici? per l'universo? mah!), però è sempre meglio di niente.
Ho cercato di capire come si stanno comportando i blog in Italia dopo l'avvento di Facebook. Di certo il numero di utenti che usano la Rete è aumentato: Facebook dà anche al più ignorante e imbranato la sensazione di saper usare il Web. Nel periodo in cui ho gestito delle pagine aziendali in Facebook, mi sono spesso stupita delle lamentele degli utenti. Avrebbero voluto che nelle pagine fosse più comodo commentare, ci fosse un motore di ricerca per le discussioni, un archivio e magari anche una seniority basata sul numero di interventi... Avrei voluto chiedere a quegli utenti se sapevano dell'esistenza dei forum. Chissà quanti di loro ignoravano l'esistenza delle community tradizionali e conoscevano solo i limitati strumenti di Facebook... Perché Facebook è limitato. La sua forza è nelle relazioni, negli amici, non in quello che mette a disposizione. Per ogni strumento offerto da Facebook esiste un programma extra Facebook che fa quella cosa in modo più affidabile e completo. Solo che non c'è interazione. La differenza tra un monologo e un dialogo: Facebook ti dà il cellulare, ma se vuoi sapere l'ora la scelta migliore è un orologio...
Rispetto a qualche anno fa la Rete sembra satura. Satura di idee, satura di opinioni, satura di parole. Se ancora nel 2008 fa potevano venire in mente un tot di idee e di argomenti che ancora non erano stati seguiti, oggi non è più così. Possono nascere dei nuovi prodotti che rivoluzionano il panorama, come Facebook, ma blog e siti di contenuti sono ormai una goccia nel mare. Credo che questo tolga molti stimoli. I tentativi poi dei legislatori italiani di imbavagliare la Rete e di tarpare le ali ai blogger non credo abbiano aiutato.
Ritornando quindi alla mia domanda iniziale: Facebook ha ucciso i blog? Non so se i blog siano davvero morti, ma anche se lo fossero non credo che il carnefice sia Facebook. Temo sia una combinazione di tempo, volontà e opportunità. O forse, più tristemente, è che non abbiamo più nulla da dire, solo link da scambiare...

3 ottobre 2010

Mi Japan Festival!

Mi Japan
Questo adorabile gonfiabile ci ha dato oggi il benvenuto al MI Japan Festival, la tre giorni dedicata alla cultura e ai prodotti giapponesi, a Milano dal 1° al 3 ottobre all'Umanitaria in via San Barnaba.
Di cose da dire ce ne sarebbero molte. Come al solito mi faccio aiutare dalle foto scattate con l'orrenda ma fidata fotocamera del mio cellulare.

MI Japan
Una fontanella con le carpe proprio davanti all'ingresso. Non potevo non dedicarle almeno uno scatto (se non fossi stata a corto di memoria, sarebbero stati almeno il quadruplo): per me la carpa koi (la carpa ornamentale, per capirsi) è il simbolo stesso del Giappone. M'immagino che ogni fontana e laghetto artificiale ne ospiti almeno una dozzina. L'inizio, con il gatto gigante stile maneki-neko e le carpe koi, mi aveva già ripagata del viaggio.

All'interno di tutto un po': stand di origami, vestiti tradizionali e non, furoshiki (una rivelazione!), collane, cibarie varie. Non mancavano neppure i grandi marchi: in pole position Sanrio e Tokidoki (il primo ha decorato le unghie di quasi tutte le donne presenti, il secondo ha distribuito ventagli facendo forse la migliore campagna di marketing della giornata). La tecnologia nipponica era fieramente rappresentata da Nintendo (le 3 postazioni Wii sono state monopolizzate da alcuni bambini, con malcelata invidia degli adulti presenti), Panasonic col nuovo schermo 3D (ma c'è davvero gente che vuole mettere gli occhiali per guardare la tv?) e Mitsubishi (come non citare il marchio del mio climatizzatore? Abbiamo tutti un po' di Sol Levante in casa).

Ovviamente c'erano anche loro:
MI Japan
Il "nonno" era quello che si intravede a destra (150 anni circa). Il giovanotto immortalato nella foto dovrebbe averne 65 (se non ricordo male).

Niente accademia manga: nella sala non c'era spazio per tutti e il televisore posto all'esterno per far seguire la lezione anche ai meno fortunati era senz'audio (e nessuno dei presenti sapeva leggere il labiale). Pazienza. Fortunatamente le lezioni di origami sono state spostate all'esterno, con grande gioia di tutti.
Ed eccoci arrivati alla cerimonia dei ciliegi.
Mi Japan 2010
In una città a corto di alberi come Milano, c'è da ringraziare il festival per il sostegno al progetto Sakura Momiji:
Una parte dei proventi della manifestazione MiJapan Festival verrà infatti utilizzata per la donazione alla città di Milano di alcuni spazi verdi caratterizzati dalle piante giapponesi più significative: il ciliegio e l'acero rosso.
Un progetto che si inserisce perfettamente nella nuova visione urbanistica della città.
Per approfondimenti trovate tutto sul sito del MiJapan.
Una nota. Il progetto non deve il suo nome a una persona, anche se verrebbe da pensarlo (ok, confesso, io l'ho pensato): Sakura è il nome del ciliegio giapponese, Momiji è (a questo punto è facile) il nome dell'acero giapponese. Diciamo che se esistesse una giapponese con questa combinazione di nome e cognome, non potrebbe che andarne fiera.

Al pomeriggio spuntino giapponese: onigiri (uno con semi di sesamo e uno con umeboshi), pollo fritto e frittatina. Niente foto, ci ho pensato quando ormai ci eravamo spazzolati tutto...

A seguire, dimostrazione di scrittura giapponese (shodō, ovvero "via della scrittura"). Purtroppo dove la luce scarseggia, la mia cellu-fotocamera rivela tutti i suoi limiti:
Mi Japan 2010

La massima soddisfazione della giornata? Io, che non ho mai imparato a fare una barchetta di carta, sono tornata a casa con due origami fatti con le mie manine. Ovviamente il merito non è mio ma delle pazientissime maestre (davvero brave, non è mica facile seguire una classe di un centinaio di studenti imbranati!)


Dal Mi Japan Festival sono uscita con due buoni propositi: imparare a fare gli origami e diventare maestra nell'arte dei furoshiki. Mi riprometto anche di provare i Fagolosi con il sashimi.

Concludo col momento clou della giornata: la foto con la guest star del Mi Japan (qui in posa solitaria):
Mi Japan
Un duro colpo per la mia autostima: Hello Kitty è molto più alta di me!

1 ottobre 2010

Che si dice in via Solferino?

Ormai ne sono più che convinta: i programmi è bene farli, ma senza illudersi di poterli rispettare.
Oggi sono uscita dall'ufficio con l'idea di seguire Mimi Ito alla mediateca di Moscovoca e non sono riuscita a trovare posto (evidentemente come progetto per il venerdì sera non era neppure così originale). Poco male: c'è stato più tempo per l'aperitivo. La serata si è poi conclusa con una passeggiata in via Solferino.
Capitava a fagiolo: nel gran giorno della lettera (anzi, la Lettera) di De Bortoli. Mi ci vorrebbero ore per sintetizzare i pareri e i commenti della giornata. Mi affido a questa foto, che per gli altri sarà solo una brutta immagine scattata col cellulare e che invece è per me una sintesi perfetta dell'atmosfera e delle riflessioni dela giornata:

13 giugno 2010

Social games in crisi su Facebook

















Chi ha creato o sta creando applicazioni su Facebook sa quanto è difficile stare al passo con una piattaforma che cambia di continuo, senza preavviso, e in modalità decisamente inaspettate.
Chi circa un anno fa aveva creato applicazioni focalizzate sulla bacheca degli utenti, si è trovato penalizzato dalla rivoluzione del Wall, il flusso di notizie da tutti gli amici e le fan page, che ha di fatto declassato a un ruolo secondario la bacheca.
Per non parlare dell'eliminazione delle notifiche, che ha scatenato un'esasperata ed esasperante caccia agli indirizzi e-mail. Comunicare diventa sempre più difficile.
E' capitato anche ai moderatori dei gruppi, che dall'oggi al domani si sono visti impedito di inviare messaggi ai membri qualora questi superassero quota 5mila. E io lo considero ben più grave, dal momento che i gruppi erano stati creati per permettere agli utenti di interagire e ora proprio questa interazione viene resa impossibile. Certo, c'è chi si lamentava dei troppi messaggi inviati da alcuni gruppi. Ma nessuno è obbligato a iscriversi. Quindi per tutelare pochi (che avrebbero potuto anche valutare altre strade), si toglie a tutti un importante strumento di comunicazione.

Torniamo ai giochi. Da quando Facebook ha apportato le ultime modifiche, i giochi di Zynga che andavano a gonfie vele - scatenando l'invidia di PlayFish che con Pet Society aveva tra i primi colto questo nuovo business - stanno continuando a perdere giocatori.
Nell'articolo FarmVille Sheds Another 9 Million Users In Latest Facebook Rankings si parla proprio di questo drenaggio di players:
Almost all of the top 20 games on Facebook continued to lose users in the past two weeks, with Zynga's FarmVille taking the biggest hit: now down to 66.6 million monthly active users (surely an unlucky number) from its already deflated count of 75.5 million in our last count.
Credo che i numeri siano spiegabili anche con una stanchezza di base degli utenti. Ho cercato molte volte di spiegarmi il successo di questi giochi e facendo un'analisi attenta di decine e decine di utenti, mi sono convinta che per molti di loro i social games sono stati l'unico contatto con i videogiochi. Chi non ha mai giocato o sentito parlare di Bejeweled era estasiato da Biotronic. Utenti che non avevano mai visto The Sims o Sim City hanno sviluppato una dipendenza verso giochi come Pet Society, FrontierVille o Yoville. Oltre alla novità, per molti di loro, c'erano anche innegabili vantaggi: non servivano installazioni, nessun emulatore o consolle, è presente una componente sociale e si può giocare in qualsiasi momento, semplicemente accedendo a Facebook.
Poi arrivò l'eliminazione delle notifiche (e spesso un remider che appare in un momento di noia può spingere effettivamente a giocare). Dopo un primo momento di panico, c'è stata la caccia agli indirizzi email. Le richieste di aggiunta ai bookmark e di segnalare la propria email sono diventate invasive e ripetitive ai limiti della sopportazione. Sono state trovate varie soluzioni tampone e alla fine gli utenti hanno continuato a giocare. Ma ormai non c'è più nulla di nuovo e l'euforia degli utenti facebook è un vecchio ricordo. Del resto anche giochi si sono moltiplicati e molto spesso sono semplici copie con una grafica rinnovata.
Facebook si rinnova spesso (troppo spesso si potrebbe dire), senza preavviso o appello. Per le società che producono applicazione è un costo non indifferente in termini di manutenzione e aggiustamenti.
Se poi Facebook chiede anche una percentuale degli utili, è facile prevedere che nei prossimi mesi ci saranno cambiamenti...

6 marzo 2010

Fantasia brownies

Curiosamente, facendo una ricerca su google.com Images con le keyword "pot DIY", mi sono imbattuta in questi meravigliosi brownies a forma di tetris. Non ho potuto esimermi dal postarli...

Ma non basta. Online è possibile trovare i brownies in versione tessere del domino (con tanto di indicazioni per prepararli), bare in miniatura (per Halloween), palloni da rugby, mostri di Halloween per tutti i gusti (con video-spiegazione) e, dulcis in fundo, una parete di brownies (anche la casa di marzapane di Hansel e Gretel fatica a reggere il confronto).

Nel caso vi fosse venuta fame, su GialloZafferano trovate la ricetta dei brownies.

21 febbraio 2010

Senza titolo (per protesta)

Per dimostrare la mia affezione verso Sanremo (che quest'anno orfana della Gialappa's Band non ho seguito neppure di striscio), eccomi qui a ignorare il vincitore del Festival e a dedicare un post alle traduzioni italiane dei titoli dei film stranieri.

Qualche mese fa ho cercato di capire perché "Vertigo" di Alfred Hitchcock sia diventato "La donna che visse due volte". La vertigine è il fulcro del film e non a caso è presente fin dalla primissima scena; il titolo scelto per l'Italia (non si può neppure parlare di traduzione) è invece assimilabile a uno "spoiler" non voluto dal regista.
Per me quello dei titoli tradotti con italica creatività è un cruccio serio. Vedendo spesso i film solo in lingua originale, a volte ignoro completamente con che titolo siano stati diffusi in Italia.
E capitano conversazioni surreali come questa:
Interlocutore: "Ho visto La gang del bosco, mi è piaciuto un sacco!";
Io: "Non mi pare di averlo mai visto, di cosa parla?";
Interlocutore: "Ci sono degli animaletti che iniziano a combattere i vicini umani che vogliono devastargli l'habitat...";
Io: "Ahhh, Over the Hedge".
Interlocutore: "No, La gang del bosco. Quello di cui parli tu forse è il remake".

Evidentemente "Oltre la siepe" non era abbastanza creativo. Oppure troppo poco furbetto. In effetti "La gang del bosco" è un titolo che strizza l'occhio ai ragazzini. E in Italia quando si parla di cartoni animati e animazioni 3D, si pensa sempre a un target under14 (come insegnano i vari casi di anime o di cartoon non proprio per bambini inseriti in contenitori televisivi destinati ai più piccoli).

Pensiamo al caso di "Se mi lasci ti cancello" con Jim Carrey. Sì, lo stesso Jim Carrey che ha fatto "Bugiardo bugiardo", "Una settimana da Dio" o "Yes man".
Si fa uno più uno (attore brillante e titolo leggero) e si va al cinema convinti di vedere una commediola americana, leggera e magari banalotta, che ti strappa qualche sorriso e non ti lascia pensieri (ed emozioni) all'uscita dalla sala.
Non ti aspetti di incappare in un film tenero, romantico e malinconico.
Citando Wikipedia:
Il titolo italiano non richiama quello originale, e altera la raffinatezza e l'impegno del film, facendolo apparire quello che non è, ovvero una tipica e spensierata commedia americana. Il titolo inglese, Eternal Sunshine of the Spotless Mind, infatti è preso da un verso dell'opera Eloisa to Abelard (1717) del poeta inglese Alexander Pope (già citata in un altro film di Kaufman, Essere John Malkovich)
Chissà che delusione quindi per quelli che sono andati in sala con un gruppo di amici pensando di farsi qualche grassa risata. E chissà che fastidio per quelli che NON sono andati al cinema perché ne avevano frainteso lo spirito. Un bel film tradito nel profondo da un titolo sbagliato (o furbo).
Pare infatti scontato pensare che il tranello fosse stato teso per trascinare più spettatori in sala.
Ma è corretto ingannare il pubblico con un titolo ammiccante o del tutto inventato?

La saga dei "Se..." è del resto interminabile. Un esempio? "Se ti investo mi sposi", titolo originale "Elvis has left the building".

Prendiamo il caso di "My Life in Ruins", che gioca sull'ambiguità della parola "ruin". In italiano la traduzione non sarebbe stata così facile (il gioco di parole non si poteva rendere allo stesso modo). Poi dal marketing deve essere arrivato l'input geniale: sfruttiamo la notorietà della protagonista, Nia Vardalos, già protagonista de "Il mio grosso grasso matrimonio greco".
E chissenefrega se i due film non hanno alcuna attinenza l'uno con l'altro.
Anche in questo caso, massima comprensione per i poveretti che sono andati al cinema aspettandosi una crisi coniugale di Toula e si sono trovati di fronte a una storia tutta nuova.

Proseguiamo con "La rivincita delle bionde". Titolo originale "Legally blonde". C'è anche il seguito, "Una bionda in carriera". Titolo originale "Legally blonde 2".
"Due single a nozze" in origine era "The wedding crashers".
Quando si dice "fedeli all'originale"...

L'argomento titoli mi è tornato in mente oggi. Sono incappata in una commediola scialba intitolata "A casa con i suoi". Titolo originale: "Failure to Launch". Mannaggia.

Per chi ha il pelo sullo stomaco, eccola classifica dei 50 Orrori Titolistici. Quando la Traduzione non è Arte.
Ritroverete (o scoprirete) perle come "Dude, where's my car?", ovvero "Fatti, strafatti e strafighe"; "My Girl", ovvero "Papà, ho trovato un amico" (perché non sfruttare la notorietà di Macaulay Culkin?); "City Slickers", ovvero "Scappo Dalla Città - La Vita, l’Amore e Le Vacche" (più che un titolo una sinopsi) e molti altri.
Noterete anche che la formula "se [verbo a scelta] ti [altro verbo a scelta]" la fa da padrone.
Quando si dice la fantasia...

24 gennaio 2010

Lampadari fai da te

Non essendo ancora riuscita a trovare un lampadario che si adattasse al mio arredamento, ma non potendone più di vedere una lampadina penzolare tristemente dal soffitto, mi sono decisa a cercare qualche spunto in Rete per realizzarne uno in casa. Ho trovato molte idee e soprattutto ho avuto conferma di quanto il fai da te sia anche "fai con quello che hai": l'arte del riciclo e dell'arrangiarsi con ciò che si ha in casa. E se il risultato è gradevole, non si può che esserne doppiamente soddisfatti.
Vediamo quindi che cosa sono riuscita a trovare.

La prima proposta - che trovo decisamente originale - è una lampada origami, realizzata con un foglio di acciaio inossidabile:

Per maggiori informazioni: http://www.yankodesign.com/2008/05/23/fold-your-lamp/

Lampada in cartone
(meglio se di recupero): semplicissima da realizzare, economica e decorativa:
http://cosedicasa.noiblogger.com/fai-da-te-una-lampada-ad-esagoni-di-cartone-ricicla-e-risparmia/

Lampadario di fiocchi di polistirolo: davvero originale
http://www.designsponge.com/2008/10/diy-project-packing-peanut-chandelier.html

Candelabro realizzato con vasetti di vetro riciclati (esteticamente non sarà il massimo, ma nelle serate estive, riempito di candele alla citronella, può diventare il nostro miglior amico):
http://styleblog.girlpower.it/arte-e-design/il-candelabro-di-vasetti-di-vetro-riciclati/
La video-spiegazione:


Avete delle vecchie gabbiette per uccelli a cui vorreste ridare nuova vita? Questo link fa al caso vostro:
http://www.petitecapucine.com/2008/11/do-it-yourself-chandelier-idea.html

Avete la casa piena di bottiglie vuote? Forse potreste riutilizzarle:

Qui le istruzioni: http://www.instructables.com/id/LED-chandelier-1/#step1

Vi avanzano una tonnellata di cannucce post-party? Non buttatele:


Decisamente primaverile l'evoluzione di un lampadario Ikea, che può essere modificato a piacimento sostituendo gli uccellini con altri oggetti, ad esempio origami colorati(clicca sull'immagine per andare alle istruzioni - in inglese):


Lampadario realizzato con delle penne biro:

























Un materiale che non avrei mai pensato si potesse usare sono le grucce. E invece...


 Il Niagara chandelier (qui sotto) è tanto bello quanto costoso. E quando dico costoso intendo che ha un prezzo che noi comuni mortali non possiamo neppure immaginare. Ad esempio, quanto pensate costi? Indizio: è costoso. Che cosa dite? 10mila euro? 25mila euro? Eviti di cambiare l'auto e ti prendi il lampadario. No, mi spiace... Ignoro se quello che ho postato sia la versione da 1,10 o 2 metri; nel primo caso il prezzo si aggira sui 49.500,00 , nel secondo sui 99.000,00 € (quei mille euro che impediscono di raggiungere i 100mila euro cambiano tutto, lo sento già più abbordabile). Per vedere altre foto di questi splendidi lampadari (e farsi anche un po' del male coi prezzi): http://www.lladro.com/































Vistp che noi comuni mortali non potremo mai permetterci lampadari simili, perché non farsene uno ad hoc? Certo, non varrà cento mila euro e non sarà così bello, ma vuoi mettere la soddisfazione di averlo fatto con le tue manine? Per chi volesse cimentarsi (e per favore poi mi mandi le foto!) ecco un utilissimo progetto di lampadario con farfalle di carta:
http://mariashandmadecards.blogspot.com/2011/05/project-for-babies-room-butterfly.html

Ed ecco un'altra variante:


Non sarà in Niagara chandelier ma amo gli origami e questo dovevo segnalarlo. E poi il colore fa allegria e le ombre sul muro conciliano il sonno (anziché contare le pecore mentre il consorte legge si possono contare quelle...)


E sempre rimanendo sulla carta, ecco un'altra realizzazione:

Le istruzioni a questo link: http://www.designsponge.com/2011/03/weekly-wrap-up-paper-scrap-light.html


Ed ecco il "Sogno di una notte di mezza estate"

Qui trovate le istruzioni: http://www.craftster.org/forum/index.php?topic=244402.0

Restando in tema volatili, ecco un lampadario ottenuto da un materiale di recupero: un vecchia gabbietta degli uccellini:
Le istruzioni qui: http://shopruche.blogspot.it/2011/07/project-diy-birdcage-chandelier.html

A chi non avanzano delle provette? Ok, forse quelle di vetro non sono così comuni (a meno di non avere accesso a un laboratorio, anche scolastico), ma a tutti sarà capitato di trovarsi per casa delle fialette con tappo per recisi. Il lampadario non verrà come quello della foto, ma poco ci manca...
Altre immagini qui: http://blog.atcasa.corriere.it/community-garden/2012/02/02/test-tube-chandelier-illuminare-con-i-fiori-e-non-solo/

Sarà che tutti li abbiamo mangiati e adorati da bambini, sarà che sono trasparenti e colorati, ma gli orsetti gommosi sono diventati materia prima per molte creazioni in fatto di illuminazione. In alcuni casi non vengono usate le caramelle, ma delle riproduzioni in acrilico (decisamente meno biodegradabili). Alcuni esempi (cliccando sull'immagine si apre il sito da cui sono tratti):








Molto simile al lampadario precedente ma decisamente meno "deperibile" e commestibile c'è questo:
Ecco le istruzioni: http://dollarstorecrafts.com/2010/05/make-a-beaded-chandelier/

Preferite i lampadari a "bolla"? Ecco due esempi che si possono realizzare a mano:

Se vi interessa il primo a sinistra, qui trovate le istruzioni: femtalks.com.
Il secondo, a destra, lo trovate ben spiegato (in inglese) qui: http://froufroufashionista.blogspot.com

Altro progetto, questa volta con vecchi centrini:
Ecco come farla:

 Altre istruzioni qui: http://dosfamily.com/2011/01/lace-lamp/


Ecco le istruzioni: http://poppytalk.blogspot.it/2011/06/diy-wire-waste-basket-turned-pendant.html

Questo è uno di quelli che preferisco: divertente e originale, lascia spazio ai ricordi o ai messaggi degli ospiti, dal momento che è pronto ad accoglierli tutti (cliccando sul link si va alle istruzioni - in inglese):


Proseguiamo con i materiali più semplici ed economici.
Bellissimo lampadario da realizzare in compensato:
Le istruzioni sul sito: http://www.etsy.com/blog/en/2012/how-tuesday-cardboard-chandelier/

In carta oleosa:
Qui le istruzioni: http://www.lisaroy.ca/2012/03/my-diy-capiz-chandelier.html

Parlando di materiali economici, come non citare questo:
Per me che ho una vera e propria dipendenza dai muffin al cioccolato sarebbe un modo per salivare da sera a mattina... Progetto comunque molto originale! Ecco le istruzioni: http://www.designsponge.com/2012/03/diy-project-sculptural-paper-orb-lights.html

Passiamo ora a questo, decisamente coreografico nonostante la "materia prima":
Sul sito di Michelle Brand, Environmental design, da ogni bottiglia di plastica esce un fiore che unito ad altri si trasforma in uno spettacolare lampadario.

Da non perdere:
http://www.michellebrand.co.uk/

Sempre in materiale di recupero (questa volta con la linguetta delle lattine):


Pochissimi materiali e costo davvero ridotto per questo progetto, che richiede corda, colla vinilica, un vecchio portalampada e davvero poco altro. L'effetto però è degno di nota:



Per concludere, una rassegna di lampadari artigianali realizzati con i materiali più disparati - dagli imballaggi per le uova, ai soldatini; dalle tazzine agli ombrellini decorativi da cocktail - e dai risultati altalenanti:
http://www.jobumrae.com/category/Product%20trend

Anche se non è proprio realizzabile in casa, ho voluto inserire anche il video che spiega come viene fatta una lanterna marocchina. Con traforo, manualità e piombo fuso si ottengono risultati incredibili: