19 febbraio 2009

Cancellare un tatuaggio. Come e a che prezzo


Torno a parlare di uno degli argomenti che hanno portato il maggior numero di visite a questo blog: i tatuaggi.

L'altra sera una domanda a un quiz televisivo (che suonava più o meno così: "quale colore di tatuaggi è il più difficile da rimuovere?") mi ha fatto riflettere sulle tecniche e sulle modalità di cancellazione di un tatuaggio.

Già la scelta non è delle più facili. Il tatuaggio diventa una parte integrante del proprio corpo, al pari di un neo, di una ruga o di una cicatrice, e può non essere facile separarsene. E non solo a livello psicologico.

Partiamo dai prezzi.
Un tatuaggio piccolo e monocolore può costare 100 euro. I colorati ed estesi si aggirano sui 500 euro. Non dovrebbero restare cicatrici o macchie pigmentarie, però il decorso non è proprio immediato. Il trattamento laser non può essere eseguito sulla cute abbronzata (e comunque il mio tatuatore mi aveva sconsigliato di prendere il sole per non "sbiadire" il tatuaggio) e la zona trattata deve essere tenuta coperta con unguento antibiotico e tenuta al riparo dal sole per almeno due mesi. Insomma, il trattamento va fatto a novembre o a gennaio, di sicuro non a luglio. La tecnica ora prevalente è la q-switched, che sembra dare risultati decisamente migliori rispetto a quelle del passato.

Purtroppo non ho trovato accordo tra i vari siti che ne parlano: c'è chi dice che basta una seduta e chi dice che ce ne vogliono (a parità di tatuaggio) più sedute a distanza di 2 mesi l'una dall'altra; c'è chi dice che si può fare senza anestesia, e chi parla invece di anestesia locale; c'è chi dice che funziona per tutti i colori e chi sostiene che il giallo, il verde e l'azzurrino non se ne andranno mai via completamente. Ecco alcuni pareri di chi l'ha provato: forum al femminile.

C'è anche chi vende una crema che promette miracoli: cancellare i tatuaggi risparmiandosi un costoso intervento col laser. La trovate qui.
Ho cercato delle opinioni a riguardo, e non ho trovato molta gente pronta a gridare al miracolo. Ecco i pareri di alcuni utenti del forum di tatuatori.it

16 febbraio 2009

Il paese delle caste

Non adoro gli Stati Uniti. Ho sempre preferito la buona vecchia Europa, più dimessa, più decadente, ma di sicuro più realista, meno propensa a prendersi troppo sul serio. C'è una cosa che però invidio agli statunitensi: le infinite possibilità che hanno.
Stamattina - durante un'attesa di 4 ore, sembrata molto più lunga in ambulatorio, tra il rimbecillimento che solo l'odore dell'alcool misto al caldo-umido e la sveglia alle 6 del mattino può regalarmi - ho iniziato a prestare attenzione a quello che mi passava nelle cuffie del mio lettore mp3. C'era una vecchia - ma neanche troppo - canzone di Maria Montell, "And So The Story Goes".

Ho ascoltato soprattutto una frase
This small town girl needs to fly
To reach her dream in the sky

e mi è subito venuto il buonumore. Cosa c'è di meglio di cambiare città per realizzare un sogno?
Ho iniziato a pensare, complice anche la puntata del Testimone trasmessa ieri sera, che negli Stati Uniti è davvero possibile realizzare i sogni più ambiziosi. Ho pensato ai miliardari della Silicon Valley, che sono riusciti a emergere dal nulla, con ottime idee e con un po' di furbizia nel ricercare finanziatori. Insomma, anche se i soldi non li hai, c'è sempre qualcuno disposto a investire su di te se hai qualcosa di buono - o presunto tale - da proporre.

Mentre pensavo a tutto questo (con la massima invidia nel cuore) ho iniziato a sfogliare "Leggo". Sarebbe stato meglio non l'avessi fatto... Ho letto l'articolo tratto da questo lancio Ansa.
BANKITALIA: ITALIA INGESSATA, SCALATA SOCIALE DIFFICILE
ROMA - Classi impermeabili, quasi immobili, da cui è difficile emanciparsi e in cui è ancora più difficile entrare. L'immagine della società italiana è sempre più quella di una collettività statica, dove la mobilità va progressivamente scomparendo. E, nell'arco di dieci anni, la famiglia ricca rimane ricca, la povera povera.

A delineare un quadro ben poco promettente, nel quale la sfida sociale non esiste, è uno studio realizzato da un ricercatore di Bankitalia, Andrea Neri, pubblicato tra i temi di discussione di via Nazionale. Il dossier è ricco di tabelle, cifre che una volta snocciolate sembrano quasi la trama di un film neorealista nel quale il salto da una classe sociale all'altra appare difficile.

L'indagine fotografa due diversi periodi - gli anni 1989-1998 e 1995-2004 - e mostra che, con il passare degli anni, la possibilità di muoversi sulla scala sociale si è ridotta, facendo dell'Italia un Paese ingessato. Nei nove anni tra il '95 e il 2004 infatti, ''la mobilità è stato un fenomeno che ha interessato meno di un quarto delle famiglie italiane: - scrivono i ricercatori - circa il 13% ha sperimentato movimenti verso l'alto, mentre circa l'11% è precipitato in una classe inferiore". Il dato più significativo è però che nel complesso il 44% delle famiglie italiane è rimasto, per tutti i nove anni presi in considerazione, nel segmento più basso della società, senza mai distaccarsi, neanche per un anno o due, dalla classe più povera.

I pochi passaggi che si verificano avvengono generalmente tra livelli contigui, mentre le famiglie al top della scala sociale, così come quelle al fondo, hanno appena il 5% delle possibilità di spostarsi in modo permanente ai due estremi della società, saltando i gradi intermedi. In dettaglio, secondo i dati di Bankitalia, il 75,3% delle famiglie che nel 1995 si trovavano della classe più bassa della società (divisa in 4 classi) mantenevano nel 2004 la stessa posizione sociale (pur con qualche minimo e temporaneo scostamento nella classe superiore).

Allo stesso modo il 75% delle famiglie più ricche si è ritrovato a nove anni di distanza esattamente allo stesso livello. Il 19,9% è sceso di un gradino e il 4,1% di due gradini. Appena l'1% è precipitato all'ultimo scalino della scala sociale, ancora meno del 3,6% che é invece saltato in alto dal livello più povero a quello più ricco.

"La probabilità di muoversi dipende fortemente dalla posizione che si occupa all'inizio - commentano i ricercatori - che è strettamente legata alla situazione economica dei genitori. Si tratta di un fattore particolarmente importante quando si parla di mobilità verso l'alto. L'accesso alla classi superiori sembra infatti quasi impossibile per le famiglie che si trovano al gradino più basso della scala sociale". Niente da fare invece per le altri variabili socio-economiche: il livello di istruzione, la professione o l'età del capofamiglia - secondo quanto risulta dall'indagine - non riescono a spiegare la mobilità tra classi sociali.

Abbastanza triste, soprattutto per i giovani di questo Paese che sembra sempre più destinato all'estinzione. Alcune lauree però offrono una via d'uscita: i laureati in ingegneria - alcuni rami in particolare - e nelle materie scientifiche sono molto ricercati. All'estero. Così si continua a perpetuare una doppia beffa per questo Paese: finanzia gli studi per nuovi talenti che vanno a portare benefici ad altri Paesi. Gli Stati Uniti li accolgono sempre a braccia aperte. Nella Silicon Valley gli stranieri erano prevalentemente indiani (complice un'istruzione informatica molto ben organizzata) e - guarda caso - gli italiani.
Credo che il valore di un Paese si possa leggere sulla base del futuro che riesce a regalare ai suoi figli. Un Paese che va lasciato per realizzare i propri sogni - o non sprecare il proprio talento -, forse non è il Paese dove val la pena di vivere...

13 febbraio 2009

Testamento biologico ad Annozero

Ieri sera ad Annozero una puntata sul testamento biologico alla luce del caso di Eluana Englaro. Spesso si dice che i giovani non pensino alla morte. Ieri sera molti di loro hanno dimostrato che è solo un luogo comune. Le loro idee erano ben precise e soprattutto non erano dettate solo dall'ideologia come nel caso di molti politici, che non mettono neppure in dubbio le loro convinzioni e si sentono autorizzati a imporle a tutti.
Emblematico il commento di un ragazzo che intervistato si è dichiarato subito contrario alla sospensione dell'alimentazione e dell'idratazione in quanto cattolico, ma alla domanda "Capitasse a te, cosa vorresti?" ha iniziato a tentennare: il suo parere è cambiato, "bisognerebbe trovarcisi in quelle situazione". E alla fine ha dichiarato di preferire la soluzione meno dolorosa, ovvero la sospensione.
Riporto alcuni dei passi più significativi della trasmissione (purtroppo alcuni non si trovano su youtube).




Peppino Englaro, al RaggioVerde, con la pacatezza e la dignità che lo hanno sempre accompagnato

E in conclusione, per stemperare, Vauro. Splendida la vignetta su Veltroni e la Sacra Famiglia

12 febbraio 2009

Il cancro fa perdere il lavoro

Un figlio malato di tumore è già di per sé una tragedia. Ma ancora peggio è dover preoccuparsi ella sopravvivenza della propria famiglia dopo che si è perso il lavoro a causa delle assenze prolungate dovute alla malattia del figlio.
Un bambino o un ragazzo che affronta una battaglia così grande (spesso insostenibile per un adulto) non può essere lasciato a se stesso. Eppure si impone ai genitori di scegliere se dedicargli le attenzioni dovute o se continuare a portare a casa lo stipendio che serve per vivere. Come possono gestire una simile situazione i milioni di precari e di autonomi che spesso non sono tali per propria scelta ma perché le aziende non vogliono costi fissi?
Un genitore su quindici si trova in questa drammatica situazione.
La notizia sull'Ansa di oggi
TUMORI:SE FIGLIO MALATO, UN GENITORE SU 15 PERDE LAVORO
ROMA - Un genitore su quindici di bambini malati di tumore perde il lavoro a causa delle prolungate assenze fatte per assistere il figlio. Questo è uno dei risultati dell'indagine sulle famiglie realizzata dall'associazione Peter Pan, in occasione della VII Giornata Mondiale contro il cancro infantile. "Tenendo conto delle 5 fasi della malattia, diagnosi, chemioterapia, chirurgia, radioterapia e follow up - ha spiegato Raffaele Cozza, dell'Unità Operativa di Oncologia Pediatrica dell'Ospedale Bambino Gesù di Roma - le giornate dedicate all'assistenza sono circa 150 all'anno". Esistono già strumenti normativi a tutela dei genitori, come la legge 104/1992 che concede congedi parentali e un assegno di accompagno ma si tratta di un provvedimento "insufficiente e inadeguato" secondo Maria Teresa Barracano Fasannelli, presidente onorario dell'associazione Peter Pan, perché garantisce tutele solo ai lavoratori dipendenti, lasciando fuori artigiani, lavoratori autonomi e i lavoratori precari. Dall'indagine emerge anche un'altra questione cardine, per la quale la Fiagop, Federazione Italiana Associazioni Genitori Oncoematologia Pediatrica Onlus, chiede una rapida revisione della legge 104, vale a dire i tempi di attesa lunghissimi che intercorrono tra la presentazione delle domande e l'ottenimento dei benefici. Nel 26% dei casi trascorrono tra 1 e 2 mesi, nel 40% tra i 3 e i 4 mesi e nel 13% dai 6 ai 12 mesi. (ANSA)

A perdere il lavoro sono nella maggior parte dei casi gli stessi lavoratori in malattia. I tumori mediamente comportano periodi di terapie e convalescenze prolungate, se non addirittura invalidità permanenti. Per un malato che si sottopone a chemioterapia - e che magari non abita proprio a un passo dall'ospedale che gli fornisce le cure - ci sono viaggi continui da compiere, malessere a casa e difese immunitarie ai minimi storici. Andare in ufficio non è proprio indicato. Ma in caso di malattia, dopo un lasso di tempo indicato nel contratto collettivo, il lavoro viene perso. Ci sono passata con mio padre, che allora era l'unico ad avere in famiglia un reddito, e se non avesse avuto la "fortuna" di scoprire la sua malattia a settembre (a cavallo quindi tra 2 annualità diverse), avrebbe perso il lavoro entro l'anno nuovo. E i malati e i loro familiari sanno molto bene quanto costino le cure, quanto costi l'assistenza (sia che la facciano personalmente, sia che la deleghino a infermieri) e quanti prodotti o medicine che alleviano le sofferenze del malato non siano mutuabili.
Mi sembra che in Italia ci sia un'ipocrisia di fondo: si inneggia alla vita, al rispetto per i malati, ma questi sono sempre abbandonati alle loro famiglie, che per giunta si trovano a essere penalizzate lavorativamente per questa situazione. Da un lato politici e vertici religiosi portano avanti delle crociate per obbligare i medici e i familiari dei malati in condizioni disperate a non sospendere l'alimentazione e l'idratazione (meglio sospendere i farmaci causando trombosi o ictus?), dall'altro non si sostengono abbastanza le persone che stanno lottando per sé o per i propri cari e che avrebbero la possibilità e soprattutto che vorrebbero, una volta guarite, riprendere la loro vita di sempre, magari con maggiore forza interiore. Sempre che il lavoro sia lì ad aspettarli...

11 febbraio 2009

Referendum per due

Dopo la cena per due e il the per due, anche il referendum per due. Miracoli della burocrazia italiana, che quanto a suddivisione amministrativa e gestione del territorio lascia parecchio a desiderare.
Da un'Ansa di oggi.
REFERENDUM PER DUE NEL COMASCO, ALLE URNE MOGLIE E MARITO
MILANO - Referendum per due nel Comasco: marito e moglie, i coniugi De Stefano, sono chiamati alle urne per dare la loro opinione sul passaggio dal Comune di Carugo a quello di Brenna del pezzo di terra su cui vivono. Del referendum consultivo, indetto dal consiglio regionale lombardo, dà notizia La Provincia di Como.

L'accordo formale sul passaggio è già stato raggiunto nell' ottobre del 2007, quando i consigli comunali dei due paesi avevano deliberato sulla modifica dei confini territoriali. La legge regionale prevede però che, sull'argomento, si esprimano anche i diretti interessati, ossia i De Stefano, che hanno due due figli minorenni e, quindi, senza diritto di voto. I coniugi, che andranno a votare in Municipio, a Carugo, si sono detti contenti del referendum e hanno anticipato il loro voto, spiegando che voteranno a favore del passaggio, visto che da anni scontano il fatto di vivere effettivamente a Brenna, ma di risultare residenti a Carugo.

Questo lancio mi ha fatto venire in mente un'associazione che da anni cerca di dare una sistemata ai confini amministrativi regionali. In realtà nessuno - o molto pochi - ne parlano, ma in Italia esistono zone di confine trascurate dalla regione di appartenenza (perché troppo lontane geograficamente) ma al tempo stesso snobbate dalle regioni confinanti, perché non incluse nei loro territori. E in quelle zone i disagi per i cittadini non mancano...

10 febbraio 2009

Eluana è morta

Sulla vita di Eluana Englaro, sia sulla "ragazza" vanitosa e vulcanica tanto ostentata dai media che sulla donna ormai scheletrica nascosta al pubblico nel suo letto di ospedale, si è chiuso il sipario. Eluana è morta a soli 4 giorni di distanza dalla sospensione dell'idratazione e dell'alimentazione artificiale. Il governo non ce l'ha fatta a salvarla (ma da chi? dal destino? dai medici? da se stessa? da quando lasciare che la natura segua il suo corso è un omicidio?)
E il padre, che in tutta questa vicenda ha dimostrato un'umanità e un amore per la figlia a cui i sostenitori della vita che gli danno dell'assassino dovrebbero ispirarsi, ora vuole per sé solo silenzio.
Riporto due dei pochissimi articoli che in questa bagarre mediatica - tra dibattiti fiume e bestialità scientifiche sparate da esponenti politici intenti a giustificare una presa di posizione opportunisticamente morale - permettono di capire davvero com'era la vita "vegetativa" di Eluana (che non mangiava la minestra col cucchiaio come ho sentito dire da un noto politico cattolico) e com'è invece il padre, che nel suo incredibile dolore si è sentito anche accusare di aver ucciso la figlia.
Il silenzio è d'oro.

Da Repubblica.it
Fisioterapia e un'ora nel parco un giorno nel non-mondo di Eluana
dal nostro inviato PIERO COLAPRICO

Il papà di Eluana con le foto della figlia
LECCO - Eluana Englaro oggi ha i capelli corti. Dire che se ne sta a letto è già un mezzo inganno, perché, quando la si vede, quando la si osserva, si percepisce qualcosa che potrebbe essere anche la forza di gravità: qualcosa che non la lascia semplicemente adagiata tra le lenzuola, ma sembra risucchiarla giù, verso un altro luogo, mentre la ragazza, inerme in tutto, non può opporsi. Gli occhi, che nelle foto pubblicate dai giornali, sono spesso ironici e lucenti, colpiscono.

Sono strabici, perché questa forza oscura e le ferite cerebrali hanno vinto i muscoli, ormai appannati. Anche le giunture sono anchilosate, lo si vede dai polsi che escono dalla camicia da notte candida. Diteci com'è Eluana oggi, perché fate vedere le sue vecchie foto e non mostrate com'è adesso? Sono richieste anche legittime, quelle dei lettori nei blog e nei forum (non tutte, certo, perché in qualcuno si percepisce una curiosità che sconfina in un territorio meno nobile). Ma Eluana non è speciale. Se frequenti gli ospedali, sai che appartiene a una nuova umanità disgraziata, che si sta moltiplicando grazie ai progressi della medicina, quella degli esseri umani in stato vegetativo.

Solo in Italia sono circa tremila persone e in qualche modo si assomigliano tutti: alternano momenti di veglia (stanno con gli occhi aperti) a momenti di sonno (stanno con gli occhi chiusi), emettono suoni, gemiti, sospiri senza alcuna attinenza con quanto accade intorno al loro capezzale. I neurologi sostengono che non esiste alcuna possibilità di entrare in contatto con loro, perché non reagiscono in maniera intelligente. Possono avere un soprassalto se c'è un rumore, o una smorfia se si fa loro del male, si tratta però di riflessi. Respirano da soli. Ma se su quegli occhi aperti si avvicina la punta di una matita, restano aperti: nessuna minaccia li muove o li chiude. Perciò la giornata di Eluana, intesa come giornata, non esiste: esiste il non-mondo di Eluana.

Oggi questa donna di 36 anni sta al secondo piano della clinica, in una stanza da sola, dove siamo entrati anche noi. Non raramente è in penombra, con suor Rosangela quasi sempre accanto a lei. Lo fa dal 7 aprile del 1994. Prima, per quasi due anni, Eluana, finita fuoristrada con l'auto, spedita d'urgenza in rianimazione, a poco più di vent'anni - tanti ne aveva... - era stata ricoverata nel reparto di lungodegenza riabilitativa dell'ospedale di Sondrio. Risultati della rianimazione? Deprimenti. Ma "faremo il possibile", aveva promesso il primario di Sondrio.
Le hanno in effetti tentate tutte. Anche in questo caso, miglioramenti pari allo zero. Un giorno una compagna di scuola di Eluana è andata a trovarla proprio mentre la spostavano dal letto, usando un paranco: "Come se fosse un sacco di patate, lei che non voleva farsi mettere le mani addosso da nessuno...". Lo shock è stato tale da tenere questa ragazza lontana dall'ospedale per un bel po'.

Ogni briciola di quella speranza invocata qualche settimana fa in una lettera fraterna anche dal cardinal Tettamanzi è sparita in fretta. E non da sola. Anche la mamma di Eluana, restando accanto alla figlia, "si è consumata". Non compare mai, nelle interviste o in pubblico, perché si è ammalata di cancro e sta malissimo. Papà Beppino le fa da scudo, come fa da scudo alla figlia. I medici gli avevano suggerito: "Pensa alla tua vita, per Eluana non puoi fare più nulla, ci pensiamo noi". Ma questi Englaro, a dispetto di tutto, erano e sono una famiglia unita: e il papà non ha mai mollato per pensare a sé stesso, perché "Eluana intendeva la vita come libertà di vivere, tra noi c'era come un patto di rispetto reciproco delle nostre volontà". Parlando della figlia, l'ha definita "un cristallo". I pezzi di quel cristallo, i cocci della fragilità di una creatura, forse potranno avere sepoltura grazie a un tribunale, o forse no.

Al momento, accanto alla ragazza in questo stato "da 6082 giorni, 16 anni sette mesi e ventitré giorni", come scandisce il papà, ci sono i peluche, le sue foto al mare e sugli sci, i cassetti sono colmi di quegli abiti, di quella biancheria che la mamma esausta e piangente ha continuato a comprare, perché voleva che la figlia, bella, fosse bellissima. La sua bellezza ancora traspare, una bellezza di porcellana, dove qualcuno scorge il soffio della vita, e qualcuno no: ne intravede solo il diafano ricordo, un fantasma traslucido. Ma d'altra parte, gli stessi medici, al papà che chiedeva lumi, non avevano risposto: "Non abbiamo risposte, non abbiamo soluzioni"? Sua figlia, gli avevano detto, è una "non-morta, con gravi handicap".

Tutti, compresa e forse soprattutto la suora, e anche il professor Carlo Defanti, il neurologo che si è detto disponibile a staccare il sondino di questa sua paziente, hanno spiato la quotidianità di questa "non-morta". Mai un cenno, mai hanno percepito uno sguardo, mai una sensazione che qualche cosa della sua volontà, della sua energia sprizzasse all'esterno del guscio della pelle. E così non restano da fare che alcune cose pratiche. C'è stato chi, nelle polemiche venate di crudeltà che caratterizzano questa vicenda umana, clinica e giuridica, si è spinto sino a dire che Eluana fa anche ginnastica. La situazione è, in sintesi, questa.

Ogni pomeriggio alle 17 una sacca beige, con dentro un "pappone", un composto di nutrimenti e medicine, viene pompato, attraverso il sondino nasogastrico, direttamente nello stomaco di Eluana, che ha perso la capacità di deglutire, non potrebbe cioè essere imboccata. Questo pasto dura dodici ore. Poi viene sostituito dalla sacca dell'acqua, per l'idratazione. Per evitare le piaghe - e non se n'è mai formata una, tanto è efficiente l'amore di suor Rosangela - Eluana viene spostata dal letto.

E qua non c'è il paranco, come nell'ospedale, e non ci sono infermieri che protestano per la fatica: questa religiosa con spalle da artigliere l'abbranca, circonda con le sue forme e la sua forza quel fragile essere dalla testa ciondolante, mette Eluana a sedere sulla carrozzella, per un paio d'ore circa. Quando non ci sono giornalisti e fotografi (sarebbe vietato fotografare e pubblicare chi è incapace di intendere e volere, ma non si sa mai), la trasporta nel piccolo giardino, con panchine di pietra e fiori profumati. Comunque, Eluana va sorvegliata a vista, perché se non è imbracata, può cadere in avanti.

Poi c'è la fisioterapia passiva, cioè "le mani altrui", un concetto che per Eluana equivaleva a una violenza, la toccano, la muovono, danno tono per quel che si può ai muscoli inerti come gomma. Succede anche tre volte al giorno, il tempo deve passare, le cure si devono eseguire. Ed è così che "la mamma si è consumata come una candela accanto alla figlia", lamentandosi perché "non l'hanno lasciata morire". Lo stesso papà Beppino, vincendo il pudore che tante volte lo frena, una volta ha detto al cronista che "Sati è morta dentro quando è morta Eluana, e poi è sopravvissuta a se stessa, distruggendosi".

Eluana, nel letto, senza fame, senza sete, senza riconoscenza, senza affetto (lo affermano i neurologi) resta ignara di questa battaglia e di questi dolori dei suoi amatissimi genitori, e pure dei tanti pensieri e delle emozioni che causa la sua tragedia. Il papà, invece, convinto, forse anche da socialista vecchia maniera, che "la sola libertà è dentro la società" non ha accettato quel concetto di "portatela a casa, la facciamo morire di nascosto". Ancora ieri ripeteva: "Da quello che si è creato clinicamente, solo clinicamente si può uscire".

Dal Giornale.it, che presumo abbia una redazione diversa da quella del cartaceo diretto da Mario Giordano, viste le sue prese di posizione e i suoi editoriali, è tratto questo bellissimo articolo sulla famiglia Englaro. Una commovente descrizione dell'impegno silenzioso e dignitoso del padre e della malattia della madre, lacerata dalla perdita della figlia.
Una volta, era la primavera del 2005, incontrai Beppino Englaro nella sua casa di Lecco. Non mi conosceva, ma fu molto gentile e ospitale. Chiese soltanto se mi andava di parlare su una panchina del giardino condominiale, vicino a un abete, sotto un timido raggio di sole. Accettai volentieri, anche perché respirai netto un certo disagio dell’ospite: sicuramente non gradiva parlare di sé e di Eluana nel salotto di casa. Là dove solitamente la vita di una famiglia pulsa come un cuore, ma dove in quei giorni aleggiava soltanto una gelida sensazione di vuoto.

La casa vuota di Beppino Englaro era vuota della figlia per i motivi che sapevo. Ma non capivo perché fosse vuota anche di una madre. Parlando di tutto, della sua storia dolorosa e lancinante, papà Englaro mi chiarì il dubbio. In quelle stesse giornate, anche la moglie Saturna era in ospedale: operata per gravi complicazioni vertebrali, al termine di un’altra odissea personale.

Restai di sasso. Ma come, provai a dire, anche la sua signora sta così male? Beppino mi disse una frase che da allora non ho più scordato: «Se vuole immaginarsi l’inferno su questa terra, pensi a noi».
Poi, con calma, senza un solo aggettivo strappalacrime, usando parole essenziali e ruvide come la pietra della sua Carnia, mi svelò i risvolti umani, privati, intimi di quello che già allora era un grande caso politico. Un mezzo sorriso amaro, ricordò le dannate coincidenze della sua disgrazia: «La notte tra il 17 e il 18 gennaio 1992, quando Eluana volò fuori strada, io e mia moglie eravamo in settimana bianca in Val Pusteria. Era la prima volta che Eluana non veniva. Avevamo deciso di andarci dopo tanti ripensamenti. S’immagini: avevamo preso persino la Y10, la «baracchina», come la chiamava Eluana, per lasciarle la mia Bmw, così che lei si muovesse eventualmente più sicura... Niente. L’incidente successe di venerdì sera, tardi, ma i suoi amici riuscirono a raggiungerci soltanto il sabato mattina: stavamo caricando le valigie per tornare a casa. Posso dirlo: in quelle cinque ore di viaggio, mia moglie ha cominciato a morire...». Dov’è la mamma di Eluana? Perché non parla? Perché si sente e si vede sempre il papà? Alle domande di questo periodo, umane e legittime, io trovai risposta quel giorno, proseguendo nel dialogo sulla panchina, sotto il primo sole d’aprile.

Beppino continuò senza tacere e senza enfatizzare nulla. Raccontò con tenerezza di come la sua prima vita - così la definì - si fosse snodata nel modo più bello. L’incontro negli anni Settanta, a Basilea, dov’era per lavoro, con una studentessa di Urbino dal nome strano, Saturna. E poi il matrimonio in Italia, la decisione di far nascere la bimba fuori Milano, nel verde di Lecco. «Eluana arrivò nel 1970: fino a quella notte del 1992, mi creda, lei e sua madre sono vissute in perfetta simbiosi».

Ricordo che mi riuscì di pronunciare solo parole vuote e insulse, qualcosa del tipo: «Chissà quanto ha sofferto, dopo quella notte, sua moglie...». Beppino Englaro non aveva dimenticato nulla, neppure un giorno, del calvario familiare: «Per due anni, Saturna ha fatto la spola con l’ospedale di Sondrio, dove inizialmente avevano ricoverato Eluana. Quindi, quando la nostra piccola è tornata qui a Lecco, combinazione nell’istituto di suore dov’era nata, sua madre ha passato tutti i giorni allo stesso modo».

Le parlava, l’accarezzava, le sorrideva. Le portava peluche e fotografie. Le comprava biancheria e abiti di pregio, perché diceva che Eluana, già bella, doveva essere bellissima anche mentre dormiva. «Per nessun altro al mondo Eluana è quello che è per me», diceva. Questa madre mutilata aveva deciso di continuare la «simbiosi», una cosa sola con la sua creatura, delegando al marito il compito di combattere, fuori, la battaglia contro i sondini. Lei rinchiusa nel bozzolo del dolore, lui in trincea.
Non era però una vita che potesse tenere alto lo spirito e le difese organiche di una mamma annientata. «Già un paio d’anni dopo l’incidente a Eluana - raccontò Beppino su quella panchina - comparve un tumore al seno. Così, assieme alla battaglia per nostra figlia, ci trovammo a combattere anche questa. All’inizio ci sembrò di farcela. Ma nel 2002 ecco un’altra mazzata, una recidiva. Nuova operazione, nuova paura. E adesso ancora, un altro intervento, perché sono sorte complicazioni alla colonna vertebrale...».

In quel pomeriggio di aprile, compresi quanto dolore fosse confluito, tutto assieme, denso e concentrato come piombo, in questa anonima famiglia della nostra provincia. Soprattutto, mi fu chiaro il dettaglio più straziante dell’intera parabola: la povera madre, colpita dal male, non poteva neanche soffrire per se stessa, per il proprio futuro, presa com’era dall’angoscia inenarrabile per un altro futuro, quello di una figlia che aveva bisogno delle sue carezze, ma che lei non sapeva fino a quando avrebbe potuto accarezzare. Mi rimbombava opprimente e pietosa la domanda che già milioni di volte, certissimamente, aveva avvelenato l’esistenza di quella povera donna: come farà Eluana senza di me? Chi le darà carezze di mamma?

Ora sappiamo com’è andata. Come sta finendo. Mentre il papà combatte l’ultima battaglia, giusta o sbagliata che sia, la mamma sta malissimo. Beppino le fa da scudo, Beppino pretende di lasciarla fuori. Nel libro uscito qualche tempo fa, così ha descritto l’agonia spirituale della moglie: «Saturna si consumò come una candela, fin dal primo giorno, in attesa di un qualunque segno della sua Eluana. Ogni ora, ogni gesto erano riservati ad Eluana. Ma non entrarono più in contatto. Fu e rimase per lei un dolore acuto, insostenibile e inconsolabile. Un saccheggio dell’anima, cui non fu mai più possibile rimediare».

Dov’è la madre? Perché parla solo il padre? Alle giuste domande di queste ore, la prima risposta sembra elementare: la madre non c’è, la madre non parla, perché a sua volta è molto malata. Ma è una spiegazione troppo semplice. In realtà, la mamma non c’è e non c’è mai stata, in questa cruenta e interminabile storia italiana, perché s’è fermata là, a quella notte, quando la sua creatura, la sua stessa vita, ha smesso di sorriderle.

6 febbraio 2009

The Toy Society

Ho scovato una splendida iniziativa in Rete: si chiama Toy Society e si propone di realizzare a mano dei giocattoli e di lasciarli in giro per la città, in cerca di un proprietario.

Ecco il loro "manifesto programmatico":
The Toy Society is a small project spreading the love throughout the streets. Nothing to it really just a bunch of handmade toys looking for a nice home.

What started as a small street art project in Australia is slowly spreading around the world.

Should you come across a member of The Toy Society on your travels collect them up and take them home with you! But don't forget to let us know about it here.

thetoysociety@gmail.com

Indovinate un po' che Paese manca ancora all'appello? Se volete rimediare alla lacuna, andate sul sito http://www.thetoysociety.blogspot.com/: capirete meglio il progetto e potrete richiedere tutte le informazioni che riterrete necessarie. Regalare un sorriso a un bambino (ma anche a un adulto, chi può dirlo...) vi costerà solo un po' del vostro tempo

5 febbraio 2009

Detrazioni, ecco cosa bolle in pentola

Contro la crisi il Governo ha in serbo un'aumento delle spese detraibili. Ecco l'elenco riportato su Ansa:
ROMA -Non solo eco-incentivi per le auto ma anche sconti sui mobili e sugli elettrodomestici. Per far fronte alla crisi che sta gravemente colpendo l'industria italiana, il governo sta mettendo a punto un pacchetto complessivo di misure per agevolare gli acquisti e quindi rilanciare la produzione. Ed ha anche previsto misure a favore delle Pmi, soprattutto per favorirne l'aumento dimensionale.

Ecco alcune delle misure previste nei contenuti della bozza del piano che dovrebbe arrivare sul tavolo del consiglio dei ministri di venerdi' prossimo.

- AUTO: Sarebbe previsto incentivo da 1.000 euro per l'acquisto di una vettura euro 4 o euro 5 a basso impatto ambientale e la rottamazione di una vecchia vettura euro 0, euro 1 e euro 2 di almeno 10 anni, purche' immatricolata cioe' entro il 31 dicembre '99. Esenzione del bollo auto per 3 anni.

- AUTO VERDI: Per le vetture ecologiche, a metano, gpl, elettriche o a idrogeno il bonus salirebbe a 2.000 euro dagli attuali 1.500 ancora in vigore.

- MOTO: Arriverebbe un incentivo da 300 euro per l'acquisto di un motociclo o un ciclomotore Euro 3 con la rottamazione di un Euro 0 o Euro 1. Esenzione del bollo per un anno.

- MOBILI: E' la novita'. Per l'acquisto di mobili sarebbe introdotta una detrazione Irpef del 20% riservata solo a chi dichiara la ristrutturazione dell'abitazione e gia' usufruisce quindi delle agevolazioni fiscali legate ai lavori rinnovate nella scorsa manovra Finanziaria. La detrazione sarebbe calcolata su un importo massimo di 10.000 euro ed e' valida per gli acquisti effettuati tra il primo gennaio e il 30 settembre 2009.

- ELETTRODOMESTICI: Lo stesso 'sconto' previsto per l'arredamento verrebbe anche concesso sull'acquisto degli elettrodomestici bianchi (frigoriferi, lavastoviglie, lavatrici), sempre collegato alla ristrutturazione dell'abitazione.

- NIENTE TASSA SUV: Nel decreto non e' prevista al momento alcuna penalizzazione fiscale per l'immatricolazione di auto di lusso ad alto impatto ambientale. Sarebbe quindi scomparsa l'ipotesi circolata nei giorni scorsi di una sovrattassa sui Suv, contestata dalle imprese di settore.

- IMPRESE: Nel pacchetto potrebbero anche essere inserite misure fiscali a favore dell'aggregazione delle pmi. Sarebbero previste anche modifiche alla norma sulla rivalutazione dei beni strumentali.


Che dire? Ben vengano tutte queste detrazioni. Sono favorevolissima a quelle per l'acquisto di auto "verdi" (il virgolettato è d'obbligo perché sono pur sempre inquinanti). Per questioni private sono favorevole anche a quella sui mobili. Anche se per una giovane coppia che deve arredarsi l'intera casa, 10mila euro non sono tantissimi (alla fine viene restituita l'iva). E non so quanto uno sconto simile, che rappresenta una grossa spesa per le casse statali nel loro complesso, sia effettivamente utile per rilanciare i consumi. Se i 10mila euro non ci sono, c'è poco da fare! Sono tutte spese detraibili dopo un anno e non si sa neppure in quanto tempo (non l'ho trovato scritto da nessuna parte). Contrarissima, anzi un po' imbufalita, per il trattamento dei suv e delle auto di lusso. Così da un lato si incentivano le auto ecologiche (per il "popolo") e non si penalizzano quelle inquinanti (per i ricchi). Uno scivolone per delle manovre da attuare in tempi di crisi. Conoscete qualcuno che fatica ad arrivare alla fine del mese e che gira con questa macchina?

3 febbraio 2009

Frustate per chi fuma in aereo

Quando nel 2004 il divieto di fumo fu applicato anche ai treni, la multa per i trasgressori era di 7 euro.
E fu una svolta epocale: certo, c'erano le carrozze fumatori, ma spesso erano contigue (e non separate da porte) rispetto a quelle non fumatori. E mediamente capitava di trovare cafoni che fumavano davanti ai bagni o nei corridoi, con buona pace di chi aveva scelto la carrozza non fumatori per risparmiarsi il fumo passivo.
Allora il Ministro alla Salute era Sirchia (ve lo ricordate? Era il Berlusconi bis e lui fu condannato in primo grado per tangenti legate al mondo della salute pubblica. Ci ha regalato la sacrosanta legge anti-fumo e la black list delle razze pericolose, emanata tanto per tranquillizzare gli animi dopo alcuni drammatici episodi di aggressione da parte di cani).
Ma torniamo al divieto di fumo. 7 euro di multa per chi fumava in treno (ma non credo che la cifra sia enormemente lievitata dal 2004). Conosco parecchie persone con il vizio del fumo che sarebbero pronti a sborsare quella cifra senza battere ciglio pur di farsi una fumatina in santa pace. E poi ci sono sempre i bagni dove, come ai tempi del liceo, è possibile fumare di nascosto.
In Arabia Saudita le cose vanno diversamente. Ieri sera mentre vedevo il tg di La7 sono stata colpita da un titolo che scorreva nella parte bassa dello schermo: "Arabia Saudita, fuma in aereo. 30 frustate".
Oggi ho voluto capirne di più. Ecco il lancio dell'Adnkronos
Riad, 2 feb. - (Aki) - E' stato condannato a una pena di 30 frustate perché scoperto a fumare a bordo di un aereo della compagnia aerea saudita. E' la diavventura di un cittadino sudanese, residente nel regno arabo, che si sarebbe rifiutato di spegnere la sua sigaretta mentre si trovava a bordo di un aereo di linea in una tratta interna al regno arabo. Secondo quanto riferisce il giornale saudita ‘Okaz’, durante il volo Gedda - Qurayat l'uomo si sarebbe piu' volte rifiutato di spegnere la sigaretta nonostante le ripetute di richieste avanzate dal personale di bordo di smettere di fumare. Per questo, una volta atterrati all'aeroporto Re Abdualziz di Gedda, è stato arrestato dalla polizia e subito portato davanti ad un magistrato. Nonostante il sudanese avesse più volte chiesto scusa, giustificandosi per il fatto di essere già in cura presso una clinica anti-fumo, il giudice è stato irremovibile e lo ha condannato a subire 30 frustate. In un caso analogo, avvenuto nell'aprile del 2008, un tribunale delle province orientali del paese aveva condannato a 50 bastonate un uomo scoperto a fumare sul volo Dammam-Riad.

Più che di frustate per chi fuma, si dovrebbe parlare di frustate per chi è maleducato e si rifiuta, nonostante sia in torto, di spegnere la sigaretta. Errare è umano, perseverare è diabolico. E cafone.
Detto questo, non sono ovviamente a favore delle pene corporali, che trovo inutili, umilianti e mi fanno pensare alle persecuzioni medioevali. Meglio invece una bella multa, magari da risarcire con servizio civile. Ma se l'importo è di 7 euro, stiamo freschi...

2 febbraio 2009

Restayling (e riflessioni varie)

Di recente il mio blog ha compiuto un anno... Non ho fatto festeggiamenti e autocelebrazioni, perché non mi sono ancora dimenticata dello scopo con cui ho creato questa sorta di diario: appuntarmi tutto quello che trovo in Rete e che potrei voler ritrovare anche in futuro.
Penso che con l'accrescersi delle informazioni in internet, con il moltiplicarsi delle fonti spesso inaffidabili e con il raffinarsi degli algoritmi di search engine, fare le ricerche in internet - farle bene e nel minor tempo possibile - potrebbe diventare una professionalità riconosciuta e strapagata. Perché in internet tutto (o quasi) ciò che si vuole è a pochi click di distanza. Ma bisogna conoscere le giuste keyword.
Prendiamo questa splendida opera d'arte:









L'ho vista per la prima volta in un servizio al telegiornale, non mi ero appuntata il nome dell'artista. Ci ho messo parecchio a ritrovarla. Ma se sapete il nome della corrente, o ancora meglio, quello del loro autore, il gioco è fatto. Provate a cercare "Shadow art" o "Larry Kagan":

Questo blog mi serve per raccogliere informazioni, per appuntarmi link e notizie che mi potrebbero tornare utili (da lì la mia tendenza a fare delle citazioni anziché limitarmi a inserire i link, proprio per timore che in futuro i contenuti vengano tolti) e perché la correttezza terminologica è fondamentale per le ricerche.
Anche se questo blog nasce per un'esigenza privata, non mi dimentico di averlo reso volutamente pubblico, e che in media 300 persone al giorno finiscono sui miei post.
Per ringraziarle ho quindi pensato di fare un piccolo restyling: 3 post per pagina (così non ci vuole mezz'ora a caricare un rotolone di video e immagini) e sfondo bianco per rendere tutto più leggibile. Per la giffina in apertura - fatta su misura, nel caso ci fossero dubbi - ringrazio Antonio. Modifiche ci saranno anche in futuro, soprattutto per facilitare la navigazione dentro il blog.