16 febbraio 2009

Il paese delle caste

Non adoro gli Stati Uniti. Ho sempre preferito la buona vecchia Europa, più dimessa, più decadente, ma di sicuro più realista, meno propensa a prendersi troppo sul serio. C'è una cosa che però invidio agli statunitensi: le infinite possibilità che hanno.
Stamattina - durante un'attesa di 4 ore, sembrata molto più lunga in ambulatorio, tra il rimbecillimento che solo l'odore dell'alcool misto al caldo-umido e la sveglia alle 6 del mattino può regalarmi - ho iniziato a prestare attenzione a quello che mi passava nelle cuffie del mio lettore mp3. C'era una vecchia - ma neanche troppo - canzone di Maria Montell, "And So The Story Goes".

Ho ascoltato soprattutto una frase
This small town girl needs to fly
To reach her dream in the sky

e mi è subito venuto il buonumore. Cosa c'è di meglio di cambiare città per realizzare un sogno?
Ho iniziato a pensare, complice anche la puntata del Testimone trasmessa ieri sera, che negli Stati Uniti è davvero possibile realizzare i sogni più ambiziosi. Ho pensato ai miliardari della Silicon Valley, che sono riusciti a emergere dal nulla, con ottime idee e con un po' di furbizia nel ricercare finanziatori. Insomma, anche se i soldi non li hai, c'è sempre qualcuno disposto a investire su di te se hai qualcosa di buono - o presunto tale - da proporre.

Mentre pensavo a tutto questo (con la massima invidia nel cuore) ho iniziato a sfogliare "Leggo". Sarebbe stato meglio non l'avessi fatto... Ho letto l'articolo tratto da questo lancio Ansa.
BANKITALIA: ITALIA INGESSATA, SCALATA SOCIALE DIFFICILE
ROMA - Classi impermeabili, quasi immobili, da cui è difficile emanciparsi e in cui è ancora più difficile entrare. L'immagine della società italiana è sempre più quella di una collettività statica, dove la mobilità va progressivamente scomparendo. E, nell'arco di dieci anni, la famiglia ricca rimane ricca, la povera povera.

A delineare un quadro ben poco promettente, nel quale la sfida sociale non esiste, è uno studio realizzato da un ricercatore di Bankitalia, Andrea Neri, pubblicato tra i temi di discussione di via Nazionale. Il dossier è ricco di tabelle, cifre che una volta snocciolate sembrano quasi la trama di un film neorealista nel quale il salto da una classe sociale all'altra appare difficile.

L'indagine fotografa due diversi periodi - gli anni 1989-1998 e 1995-2004 - e mostra che, con il passare degli anni, la possibilità di muoversi sulla scala sociale si è ridotta, facendo dell'Italia un Paese ingessato. Nei nove anni tra il '95 e il 2004 infatti, ''la mobilità è stato un fenomeno che ha interessato meno di un quarto delle famiglie italiane: - scrivono i ricercatori - circa il 13% ha sperimentato movimenti verso l'alto, mentre circa l'11% è precipitato in una classe inferiore". Il dato più significativo è però che nel complesso il 44% delle famiglie italiane è rimasto, per tutti i nove anni presi in considerazione, nel segmento più basso della società, senza mai distaccarsi, neanche per un anno o due, dalla classe più povera.

I pochi passaggi che si verificano avvengono generalmente tra livelli contigui, mentre le famiglie al top della scala sociale, così come quelle al fondo, hanno appena il 5% delle possibilità di spostarsi in modo permanente ai due estremi della società, saltando i gradi intermedi. In dettaglio, secondo i dati di Bankitalia, il 75,3% delle famiglie che nel 1995 si trovavano della classe più bassa della società (divisa in 4 classi) mantenevano nel 2004 la stessa posizione sociale (pur con qualche minimo e temporaneo scostamento nella classe superiore).

Allo stesso modo il 75% delle famiglie più ricche si è ritrovato a nove anni di distanza esattamente allo stesso livello. Il 19,9% è sceso di un gradino e il 4,1% di due gradini. Appena l'1% è precipitato all'ultimo scalino della scala sociale, ancora meno del 3,6% che é invece saltato in alto dal livello più povero a quello più ricco.

"La probabilità di muoversi dipende fortemente dalla posizione che si occupa all'inizio - commentano i ricercatori - che è strettamente legata alla situazione economica dei genitori. Si tratta di un fattore particolarmente importante quando si parla di mobilità verso l'alto. L'accesso alla classi superiori sembra infatti quasi impossibile per le famiglie che si trovano al gradino più basso della scala sociale". Niente da fare invece per le altri variabili socio-economiche: il livello di istruzione, la professione o l'età del capofamiglia - secondo quanto risulta dall'indagine - non riescono a spiegare la mobilità tra classi sociali.

Abbastanza triste, soprattutto per i giovani di questo Paese che sembra sempre più destinato all'estinzione. Alcune lauree però offrono una via d'uscita: i laureati in ingegneria - alcuni rami in particolare - e nelle materie scientifiche sono molto ricercati. All'estero. Così si continua a perpetuare una doppia beffa per questo Paese: finanzia gli studi per nuovi talenti che vanno a portare benefici ad altri Paesi. Gli Stati Uniti li accolgono sempre a braccia aperte. Nella Silicon Valley gli stranieri erano prevalentemente indiani (complice un'istruzione informatica molto ben organizzata) e - guarda caso - gli italiani.
Credo che il valore di un Paese si possa leggere sulla base del futuro che riesce a regalare ai suoi figli. Un Paese che va lasciato per realizzare i propri sogni - o non sprecare il proprio talento -, forse non è il Paese dove val la pena di vivere...

1 commento:

Anonimo ha detto...

Speriamo in una "scossa" vera nei prossimi anni... altrimenti, lo scenario per il futuro sara' davvero "non invitante"...