17 gennaio 2014

Guida alla coltivazione dei sempervivi

Il genere Sempervivum appartiene alla famiglia delle Crassulacee e comprende circa 40 specie diffuse in modo spontaneo in buona parte del Centro Europa, Balcani, Caucaso, Iran e Marocco, dove crescono soprattutto fra i mille e i 2mila metri di altitudine. In Italia sono frequenti sulle Alpi e sugli Appennini centro-meridionali.
Il nome, dal latino “semper (“sempre”) e “vivus” (“vivo”), la dice lunga sulla loro capacità di sopravvivere anche alle condizioni climatiche più avverse.
Sono piante discrete, con foglie carnose disposte a rosetta, in media di piccole dimensioni (dai 3 agli 8 centimetri), con colori che possono variare dal verde intenso al porpora a seconda della varietà, dell’esposizione e del clima.
Non necessitano di molto terreno per vivere e possono proliferare anche in un substrato povero; non è quindi raro vederli crescere spontaneamente tra le pietre, nelle fessurazioni dei muri o tra le tegole dei tetti. Si prestano molto bene a un utilizzo in giardini rocciosi. Spesso identificate come piante grasse, hanno caratteristiche in realtà che le rendono decisamente uniche: riescono infatti a reggere sia il caldo torrido che il gelo, periodi di siccità come di prolungate piogge, mantenendo sempre un aspetto vitale.
All'estero, dove le nuove tendenze di bioedilizia stanno diffondendo i green roofs, ovvero i tetti ricoperti di vegetazione, i sempervivi assieme ai sedum più rustici stanno vivendo il loro momento di gloria. La capacità del sempervivum di sopravvivere anche con poco terriccio a disposizione, la sua compattezza e scarsa manutenzione, lo rendono particolarmente adatto a questi utilizzi.

Non sono particolarmente appariscenti, e questo le porta a essere poco apprezzate dal grande pubblico. Chi li coltiva però è ben consapevole degli enormi pregi di questo genere, consigliato soprattutto ai cosidetti “pollici neri”: i sempervivi infatti sono in grado di sopravvivere con cure anche minime e sono così coriacei da tollerare anche ripetuti errori di coltivazione.
Si possono lasciare all’esterno tutto l’anno, senza necessità di essere innaffiati o riparati da pioggia e neve. Saranno loro a preoccuparsi di reagire alle condizioni ambientali, cambiando colore e forma: in caso di eccessiva siccità o per limitare gli effetti del gelo, si assiste infatti a un compattamento delle rosette, pronte a riaprirsi e a proliferare appena il clima diventerà più clemente. Proprio questo loro polimorfismo rende facile per gli appassionati riconoscere il genere, ma non altrettanto facilmente è possibile capire la specie, dal momento che anche la stessa pianta può variare in modo sorprendente a seconda delle condizioni di coltivazione.


Tra le varietà più conosciute va ricordato il Sempervivum tectorum, con foglie di colore verde chiaro che virano al marrone nelle punte. Gli antichi speziali lo vendevano per le sue proprietà rinfrescanti, atringenti, antiinfiammatorie ed emollienti. Ma ancor prima, come indica il nome, si utilizzava nella copertura dei tetti delle abitazioni: nell'antichità si collocavano sui tetti di paglia, dove formavano dei cuscinetti compatti che garantivano una buona impermeabilizzazione. Ma anche in seguito, quando la tecnica costruttiva si era evoluta, il loro successo non è venuto meno: ai tempi degli antichi romani continuavano a essere molto utilizzati perché si riteneva che fossero una valida protezione contro i fulmini. Non a caso il sempervivo tectorum è anche conosciuto col nome di “guardiacasa” o di "barba di Giove", dio dei fulmini.
Altre due specie molto comuni in Italia, che assieme al Sempervivum tectorum formano il "trio alpino" che cresce spontaneamente nelle nostre montagne, sono l'arachnoideum, una delle varietà di più facile riconoscimento perché la rosetta è rivestita da una trama bianca che ricorda la tela di ragno; e il montanum, con foglie ovato-lanceolate arrossate in punta.
Esistono molte altre specie e ibridi di sempervivi, che in alcuni casi si riescono a riconoscere solo durante la fioritura. Tra i più caratteristici e interessanti il Sempervivum "Othello", molto commercializzato negli Stati Uniti, apprezzato per le sue ragguardevoli dimensioni (la rosetta più raggiungere i 30 centrimenti di diametro e i 15 di altezza) e la colorazione particolarmente intensa (rosso acceso in primavera, che vira al porpora e al marrone in autunno).

Coltivazione
I sempervivi, come accennato, sono piante di poche pretese. Vanno tenute all’esterno, in una posizione luminosa, preferibilmente in pieno sole. Se esposti agli eventi atmosferici, non hanno particolari esigenze in fatto di innaffiature. Possono tollerare periodi di prolungate piogge, ma in quel caso sarà fondamentale che la pianta abbia un terriccio molto drenato e un vaso con adeguati scoli in modo da evitare il rischio di marciumi.

Moltiplicazione
I sempervivi si compongono di numerose rosette che possono essere utilizzate per dare origine a nuove piante: sarà sufficiente staccare una talea dalla pianta madre e collocarla su un substrato drenato, da tenere lievemente umido per le prime settimane in modo da favorire l’attecchimento. E’ possibile, anche se meno frequente, anche una moltiplicazione da seme, da effettuare in autunno. In questo caso si avrà una maggiore varietà nelle nuove piante nate rispetto a quelle d’origine.

Fioritura
Il ciclo di vita di un sempervivo, in media della durata di 3 anni, si conclude con una spettacolare fioritura: da giugno a settembre a seconda del clima, dal centro della rosetta, che di solito è di pochi centimetri, inizia a svilupparsi un fusto carnoso ricoperto di foglie simili a quelle basali, che può raggiungere un’altezza anche di decine e decine di centimetri. Sulla sommità faranno mostra di sé vari fiori a forma di stella, molto belli e caratteristici, normalmente con 6 o più petali, dai colori che vanno dal bianco, al giallo, al rosso. I fiori si possono mantenere per settimane. Al termine della fioritura la pianta muore, ma non prima di aver prodotto attorno a sé vari getti che daranno origine a nuove piantine.