Il costo della vita è aumentato e continua ad aumentare. Gli stipendi, per i fortunati che lavorano, sono stabili. Il lavoro precario, in compenso, è sempre più gettonato. E la flessibilità, in Italia, è sempre più in uscita che in entrata. A completare questo quadro di desolazione ci si mette anche la BCE, che mantenendo ormai da oltre un anno e mezzo il tasso di sconto al 4%, rende le rate dei mutui improponibili. Le banche, anche quelle che non finanziano l'immobile per oltre l'80% del suo valore, vogliono garanzie su garanzie e rendono possibile a molti giovani l'acquisto della prima casa solo con la "firma dei genitori": si torna bambini, al rientro sui banchi di scuola dopo un'influenza.
Le agenzie immobiliari incassano il colpo. A volte si lamentano dei venditori che "esagerano" con le loro richieste, altre volte puntano su iniziative di grande impatto mediatico: è il caso della Remax che, con i "saldi immobiliari", dal 14 gennaio al 29 febbraio propone a prezzi scontati 500 dei suoi 10mila immobili. Nulla di particolarmente eclatante: solo il 5% del suo parco "mattoni".
Anche se la parola "saldo" richiama sempre il mio interesse (perfino se si tratta di lenticchie all'inizio dell'anno nuovo), in questo caso non ho gridato al miracolo. La casa è un acquisto che va ponderato, sofferto, valutato con attenzione. Per chi non ha la fortuna di avere un conto in banca con troppi zeri, è l'acquisto della vita. Il termine "saldi" lo collego invece all'acquisto d'impulso: alla gonna troppo corta o alla giacca dal colore troppo sgargiante che chiunque almeno una volta ha comprato perché era un "affare" ma che poi ha dimenticato nell'armadio con l'etichetta ancora attaccata.
"Saldi immobiliari" è un controsenso. Non si devono svuotare i magazzini. Le case non passano di moda, anzi, dovrebbero essere l'unico bene che dura (come direbbe l'irlandese Rossella O'Hara in Via col Vento).
Non mi è neppure del tutto chiaro il loro meccanismo di funzionamento. Qua'è in questo caso il "prezzo scritto sul cartellino"? Il valore di mercato dell'immobile o la cifra proposta (o dovrei dire troppo spesso esagerata) dal venditore? E' questo soggetto, in fin dei conti, che fissa il prezzo.
L'agenzia prende una percentuale (un 3%, in un solo caso c'è stato richiesto un 4% giustificandolo sulla base di "servizi aggiuntivi rispetto alle concorrenti") sul valore d'acquisto della casa.
Invece di fare questi "saldi", limitati per altro a 500 immobili, perché non persuadono i venditori a proporre dei prezzi ragionevoli (non a rimetterci, sia chiaro, ma a non sopravvalutare la loro proprietà) e, per dare un segnale forte, non riducono le loro commissioni?
Cito a riguardo una notizia diffusa dall'Aduc:
U.E. / Agenzie immobiliari italiane: pochi servizi a caro prezzo
Agenti immobiliari italiani tra i piu' cari d'Europa, che rendono ai consumatori servizi carenti, applicando commissioni uniformi (cartello), facendo pagare circa il 3% del valore dell'immobile sia l'acquirente, sia il venditore. La conseguenza e' che il livello di case che sono vendute tramite agenzia, in Italia e' molto basso (50%), mentre in Gran Bretagna si arriva al 90%, applicando una commissione media dell'1,45%. Cosi', per un acquisto di 250 mila euro, italiani, francesi, spagnoli e austriaci pagano 15/17 mila euro all'agenzia, mentre i fortunati inglesi solo 4 mila.
Dati: studio Commissione Ue, Zerp (universita' di Brema), Nomisma, Altroconsumo
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