In un tempo lontano di Internet, quando si scambiavano file su Napster, si sognava su Second Life e ci si promuoveva su MySpace, esistevano i blog.
Non erano i blog di oggi, magazine a tutti gli effetti, portali verticali che macinano denaro attraverso il network Adsense. Erano dei “diari di bordo”, dove si parlava delle proprie passioni o si raccontava le proprie giornate. Capitava così di imbattersi in pagine dove gif animate o effetti visivi del calibro dei “coriandoli” si accompagnavano a testi di vita vissuta. Ricordo ancora, nonostante sia passato un ventennio, il blog in cui una giovanissima elencava periodicamente lo shopping della settimana appena conclusa.
Allora il Web era poco affollato e ci si appassionava perfino alle dissertazioni sulla gonne in offerta al 50%. Oggi probabilmente quella ragazzina non avrebbe neppure un blog e starebbe condividendo su Instagram le sue pose dal camerino di qualche negozio alla moda. E avrebbe un seguito che alla fine degli anni ’90 sarebbe stato inimmaginabile.
Allora il Web era per pochi nerd o per giornalisti in punizione, pochi in Italia erano pronti a scommettere che sarebbe diventato parte integrante delle nostre vite. Ma allora navigare coi telefonini era un miraggio, il WAP – per chi se lo ricorda – una forma estrema di masochismo.
A me quei primi blog piacevano, perché erano una versione virtuale di quei diari in cui avevo iniziato ad annotare i miei pensieri a partire della scuola elementare.
Fissando su carta gli eventi e le emozioni della giornata non passava giorno che fosse uguale al precedente e le settimane finivano per essere più varie anche nella più grigia delle routine.
Potevi raccontarti, sfogarti, approfondire un ragionamento, creare luoghi di memoria senza sprecare carta e con una grandissima novità: la condivisione. Mettersi a nudo davanti ai propri lettori mantenendo un assoluto anonimato era l’enorme privilegio offerto dal Web ai primi blogger “introspettivi”.
Poi i confini tra giornalismo e blogging si sono fatti sempre meno
chiari (con relative barricate di categoria), sono comparse le
piattaforme di microblogging e i social network, gli utenti Internet
sono aumentati vertiginosamente, gli smartphone hanno permesso di fruire
e di generare contenuti in modalità prima impensabili… e tutto è
cambiato.
Oggi non saprei dire cosa sono i blog.
Ma so dire che cos’è questo blog: un diario di bordo, per spingermi a
fare ordine nella mia vita, a fissare alcuni momenti che senza
rielaborazione rischiano di scivolare via senza lasciare traccia o
quasi, per costringermi a non temporeggiare sempre e comunque.
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