29 giugno 2019

Allattamento, come fai sbagli

Che problemi ha una società che finisce per colpevolizzare o addirittura trovare scandaloso l’allattamento? Me lo sono chiesta stamattina, vedendo la campagna “Io ciuccio dove mi pare”, lanciata dal Comune di Firenze. Ho letto i commenti surreali, di donne che dicono di mettersi nei cantucci per non dare fastidio, di aver avuto il bimbo che reclamava cibo e di essere state invitate ad allattare fuori dalla chiesa in pieno inverno, di altre donne che le accusano di poco pudore, di uomini che trovano “arrapante” una donna che allatta. Seriamente, come siamo arrivati al punto che un gesto così semplice e naturale (e automatico a un certo punto, perché quando lo si fa 10 volte al giorno per mesi lo diventa per forza) è così controverso da dover diventare oggetto di campagne progresso?

Nella nostra società se sei donna, come fai sbagli.

  • Se allatti al seno sei senza pudore e devono fare delle campagne progresso per aumentare la tolleranza nei tuoi confronti;
  • se allatti col biberon – dopo decenni di propaganda delle multinazionali sul latte artificiale – sei una madre egoista, incosciente o disinformata; se hai figli da giovane ti comprometti le opportunità lavorative;
  • se lo fai tardi “tuo figlio avrà una madre vecchia” e ti trovi pure in target per la campagna del Ministero che ti dice di darti una mossa che le tue ovaie fanno “tic tac tic tac” come il coccodrillo di Peter Pan;
  • se non fai figli sei un donna non realizzata, “un albero che non fa frutti”, non hai scopo nella vita e se per caso hai gatti Radio Maria ti prospetta l’inferno;
  • se ne fai uno è troppo poco, “quando fai il secondo?”;
  • se ne fai più di tre sei un’incosciente, sei anti-ecologico e “ti dovrebbero chiudere le tube”;
  • se ne hai due o tre sei nella norma, quando ti vedono con le borse sotto gli occhi con cui puoi partire per le ferie ti dicono “massì li abbiamo fatti tutti” e quindi evita di dire che sei stanco o ti becchi pure dell’incapace.

Allattamento al seno: naturale sì, facile sempre meno spesso

Ultimamente molte donne lamentano le pressioni da parte di ostetriche e ginecologi per l’allattamento al seno. Si sentono colpevolizzate se non ce la fanno o scelgono a un certo punto di rinunciare. Capisco a cosa si riferiscono: spesso e volentieri ci sono delle pretese molto elevate a fronte di informazioni limitate o quasi trascurabili.

Nessuno in ospedale spiega come attaccare il neonato al seno, come gestire un ingorgo o sbloccare un dotto intasato; ma ancor peggio, nessuno neppure avvisa che il dolore lancinante dei primi giorni non durerà a lungo e se dura l’attaccamento è sbagliato ma è comunque risolvibile, insomma madri non spaventatevi, passerà.

Nessuno normalmente negli ospedali italiani dà questo tipo di supporto. Sei lì, che ti stai riprendendo a fatica dal parto, magari hai i punti che ti fanno un male cane e devi pure subire l’equivalente di una pugnalata prolungata nel petto ogni due ore. Allatti con le unghie conficcate nel materasso per il dolore. Oppure, nel caso il pupo non riesca ad attaccarsi, devi fare la spremitura. Spremi e continui a spremerti sempre più in ansia senza che nessuno ti dica “rilassati, fai una doccia, prenditi una pausa, concediti qualcosa di buono e poi vedrai che andrà meglio”.

Ai corsi preparto spesso si parla poco dell’allattamento. Ho avuto la fortuna di seguirne uno in cui addirittura erano previste due lezioni, una delle quali di pratica. Ma poi è tutto diverso. Provare ad attaccare un bambolotto non è come attaccare un bimbo che magari si ribella, fatica a succhiare o che inizia a rigurgitare davanti ai tuoi occhi il latte dal naso perché gliene è arrivato troppo di colpo. Nessuno ti dice che se hai un riflesso di emissione forte il tuo bimbo rischia di rifiutare il seno o di piangere a metà poppata perché ha ingurgitato troppa aria. Nessuno neppure ti dice che esiste il “riflesso di emissione”. Io l’ho scoperto per caso, mio figlio ha allontanato il seno di colpo e ho visto che uno zampillo gli ha lavato la faccia. Mi sono documentata – per fortuna esiste la Leche League – e ho capito perché a fine pasto anziché addormentarsi felice urlava di dolore (no, il mio latte non era urticante).

Nessuno mi aveva spiegato che a un certo punto potresti trovarti un nodulo gigante e doloroso, che equivale a un dotto bloccato. O la bollicina sul capezzolo, che attesta un’ostruzione. Mi avevano invece istruita sugli ingorghi e su come gestirli, ma non ero comunque pronta al dolore e al malessere generale (quando capita sembra di avere l’influenza).

Certo, ci sono i consultori, che fanno un importante lavoro di formazione e supporto, ma non tutti hanno la fortuna di averli nelle vicinanze. Io ad esempio avrei dovuto prendere la macchina e andare in un comune limitrofo per poterne usufruire. Comodissimo con un neonato. Poi ci stupiamo se le neomamme si affidano a gruppi su Facebook o a forum…

L’allattamento al seno è naturale, ma noi non viviamo nelle caverne

Si dà per scontato l’allattamento perché è la cosa più naturale del mondo, ma noi non viviamo in un mondo naturale: abbiamo ciucci, abbiamo stress, abbiamo vestiti, abbiamo bimbi che non stanno costantemente a contatto corpo a corpo. Abbiamo parti medicalizzati e per fortuna la sopravvivenza dei neonati oggi è di gran lunga superiore a quella che ci sarebbe in condizioni appunto “naturali”.

Le generazioni attuali poi non hanno spesso neppure supporto in famiglia, perché usciamo da generazioni allevate a latte artificiale: vale la pena di sottolineare che io sono tornata a casa dall’ospedale con un bell’opuscolo sull’allattamento al seno, mia madre con uno sul latte artificiale.


L’allattamento non è semplice e neppure così piacevole all’inizio, ma se gestito con il supporto di persone competenti può diventare emozionante e portare innegabili benefici a madre e figlio. Per il figlio sono abbastanza noti, dal momento che il latte materno è specie-specifico (addirittura individuo specifico, visto che lo produce la stessa persona che prima aveva il piccolo in grembo) e a differenza del latte “artificiale” (che non è altro che latte di mucca modificato per adattarlo agli esseri umani) è vitale, sempre diverso, orientato alle necessità del bimbo. Pochi sanno ad esempio che il “primo latte” ha una più elevata componente di acqua perché serve per dissetare il neonato, che non assume acqua.

Sono invece spesso taciuti i benefici per la madre. Nel mio caso, ad esempio, l’ossitocina artificiale non faceva alcun effetto. Finché non sono riuscita ad avviare l’allattamento, che è avvenuto col tiralatte al quarto giorno post parto e al seno dopo ben 50 giorni, il mio utero non ha iniziato a contrarsi. Solo allora ho scongiurato il rischio raschiamento. Con la suzione del bambino la situazione è cambiata ulteriormente e la pancia è tornata piatta o quasi nel giro di neanche una settimana.

Si sentono poi assurdità del tipo “latte poco nutriente” o “poco latte”, coi pediatri spesso troppo pronti a dare l’integrazione che in breve fa sparire del tutto il latte alla madre. Il latte materno di una donna sana è sempre nutriente e se non è sufficiente basta tenere attaccato il neonato perché si regoli la produzione. Siamo macchine perfette orientate alla sopravvivenza, se c’è qualcosa che non funziona, a parte casi particolari, è perché le stiamo inceppando con le nostre credenze. Capita così che donne si trovino davvero senza latte, ma perché il bimbo passa buona parte delle sue giornate a usare il ciuccio, non dando adeguata stimolazione; capita che si integri con il latte artificiale, più pesante e meno digeribile, che proprio per questo sazia maggiormente e aumenta il convincimento che “sì, il mio latte è poco nutriente”. Con inevitabili sensi di colpa. No, se vostro figlio reclama cibo dopo due ore se lo avete allattato al seno e dopo 5 a biberon non è un problema del vostro latte: sarebbe come dire che un piatto di farro integrale con insalata è meno valido di una peperonata.

Non sono una fanatica dell’allattamento al seno, penso che per un neonato sia preferibile la combinazione “madre serena + latte artificiale” che “latte materno + stress e insofferenza”, quindi se non ci sono le condizioni ottimali, colpevolizzare le madri non è solo stupido, è anche crudele.

Chi decide o non riesce ad allattare al seno non deve essere colpevolizzato. Dalle altre madri in primis.

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