30 maggio 2008

Il tradimento nella casa coniugale costa caro: i beni cointestati



Dalla Cassazione un invito a tutte le donne a non tradire i mariti. O almeno non farsi beccare a farlo nella casa coniugale.
Ansa, ROMA - Merita di perdere tutti i beni e le proprietà che il marito le ha cointestato la moglie che tradisce il coniuge portando l'amante nella casa coniugale consumando carnalmente il suo 'flirt'. L' avvertimento viene dalla Cassazione che ha confermato la "revocazione per ingratitudine" della cointestazione di tutti i beni che il marito Aldo I. aveva donato, in comproprietà alla moglie Silvana I. che lo tradiva in casa con un giovanissimo amante.

La Cassazione - con la sentenza 14093 della II Sezione Civile - ha respinto il ricorso con il quale la moglie infedele chiedeva la nullità del verdetto della Corte d'appello di Messina che nel marzo 2005 (a conclusione in una causa iniziata nel lontano 1975) le aveva revocato la comproprietà dei beni che Aldo le aveva intestato. Per i giudici d'appello Silvana aveva commesso una "ingiuria grave che ledeva gravemente il patrimonio morale di Aldo" e pertanto, legittimamente il marito doveva tornare nel pieno possesso dei beni che aveva voluto condividere con la moglie. L'infedeltà di Silvana venne scoperta da Aldo nel 1975: allora la donna aveva 36 anni e aveva 3 figli. Tradiva Aldo con un focoso ventitreenne e "si univa a lui" nella casa coniugale. Situazione durata diversi anni prima che Silvana si decidesse ad abbandonare la famiglia e a convivere con il nuovo compagno. Ad avviso della Cassazione correttamente i giudici dell'appello hanno ritenuto che "costituiva ingiuria grave non tanto l'infedeltà coniugale quanto l'atteggiamento complessivamente adottato, menzognero e irriguardoso verso il marito, all'insaputa del quale Silvana si univa con l'amante nell'abitazione coniugale". Il primo grado il tribunale di Messina, invece, nell'ottobre 1990, aveva ritenuto non gravi le modalità di questo tradimento.

Ho riletto più e più volte questo lancio e continua a lasciarmi la bocca impastata. Per quanto giudichi l'infedeltà in modo negativo, non posso non leggere tra le righe un certo maschilismo. Applicare in questi frangenti la "revocazione per ingratitudine" mi pare davvero inquietante. E "l'atteggiamento complessivamente adottato, menzognero e irriguardoso verso il marito" potrebbe essere contemplato in una sentenza degli anni Cinquanta.
Certo, la donna non si è comportata bene e il marito ha tutti i diritti di essere inferocito. Ma la mia domanda è un'altra: se i ruoli fossero stati invertiti e il fedigrafo fosse stato l'uomo, la sentenza sarebbe stata la stessa?
Posso capire la richiesta di danni morali. Ma considerare il tradimento della moglie come un'offesa pubblica, un'onta sociale per l'uomo mi fa pensare al falso perbenismo e all'ipocrisia che ha contraddistinto tanti matrimoni: non importa come stanno davvero le cose; l'importante è che non le sappiano gli altri.

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