7 marzo 2008

Un altro Sanremo è finito. Cosa ne rimane adesso?

A conclusione di un Sanremo per nulla memorabile, che cosa ci è rimasto?
Persistono le polemiche tardive che trascinandosi stancamente verso l'oblio fanno ancora discutere di una kermesse che ha forse ha fatto il suo tempo. Se togliamo il fondoschiena della co-vincitrice Lola Ponce, gli improperi mediatici lanciati dalla ex moglie di Gigi D'Alessio alla nuova e giovanissima fiamma Anna Tatangelo, se togliamo i bilanci deludenti e il plagio (vero? artefatto?) della Berté, che cosa rimane della 58esima edizione?

Ben poco. Io, che Sanremo l'ho seguito solo attraverso la Rete, non ho dubbi su cosa salvare: l'esternazione di Tricarico, uno degli artisti più bizzarri del panorama musicale italiano che non ama i paragoni con Rino Gaetano, ha portato una ventata di novità e ribellione al festival. E' bastata una "buona parola" pronunciata con tempismo hollywoodiano. Ed è seguito un fantozziano "90 minuti d'applausi" dal pubblico dell'Ariston.
Che abbiano premiato l'insulto, il coraggio o semplicemente hanno confuso quello "stronzo" amplificato dal microfono con un "grazie"?

Secondo Music Tv
Il più accreditato destinatario sembrerebbe essere Piero Chiambretti che, nell’uscire di scena, stava imitando l’incedere incerto e stralunato del cantante.

Molto rumore per nulla, comunque, poichè sembra che si sia trattato di una scommessa fra Tricarico e la Gialappa’s per cui l’interprete di Vita Tranquilla avrebbe dovuto pronunciare la parola stronzo sul palco dell’Ariston.
Esperimento simile a quello del Sanremo 2003, quando tutti i cantanti furono costretti a pronunciare a caso la parola situescion durante le loro esibizioni.
A Tricarico il La Stampa ha dedicato un bel pezzo: si scopre così che la canzone che lo ha reso celebre "Io sono Franceso" (per tutti "puttana la maestra") è dolorosamente autobiografica.
Suo padre era davvero morto quando aveva 3 anni. Che la sua reazione fosse dovuta a una totale insensibilità o fosse semplicemente un'infelice reazione d'impulso davanti a un lutto altrui, mi domano quanti altri danni abbia fatto visto il suo ruolo che, come si diceva un tempo, dovrebbe essere quasi una missione.

Che altro salvo di Sanremo? Ovviamente Max Gazzé, che riesce a portare sempre canzoni allegre e ironiche. Dopo "Una musica può fare" e "Il timido ubriaco", ecco "Il solito sesso".

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