Doverosa premessa
Capita che nascano bimbi molto piccoli e capita che non riescano ad attaccarsi al seno o a succhiare correttamente. Se in passato la soluzione scontata era il latte artificiale, oggi fortunatamente non è più così. Non sono una fanatica dell’allattamento al seno – se mi avessero chiesto qualche anno fa come avrei alimentato mio figlio avrei detto “bah, vediamo”, del resto io sono cresciuta a latte Nestlé senza grossi problemi – ma quando ho visto quello scricciolo nato quasi prematuramente ho pensato che avesse bisogno di tutto l’aiuto possibile e non ho avuto neppure per un secondo il dubbio di voler tentare il tutto e per tutto per dargli un latte più digeribile e che avrebbe supportato le sue difese immunitarie.
Modalità tiralatte |
Ho iniziato a usare il tiralatte il secondo giorno in ospedale – il mitico “Symphony” Medela – e mi avevano intimato di fare 7 estrazioni nell’arco delle 24 ore da 15 minuti per seno (“fallo o ti torna il ciclo!”) e di dare dei tempi a mio figlio che – all’inizio – non era minimamente interessato a nutrirsi: mi stava sul petto, si accarezzava il viso coi miei capelli ed era appagato. Mai visto amore più grande. E mai avuta tanta pressione addosso.
Dovevo ricordargli di mangiare almeno ogni 2 ore di giorno e soprattutto controllare che assumesse un’adeguata quantità di cibo quotidianamente, perché la bilirubina aveva raggiunto valori preoccupanti. Trovando estremamente scomodi i calendar dello smartphone e avendo dopo 3 giorni riempito fogli e fogli di appunti e dosi, ho cercato aiuto nella tecnologia.
Ho avuto la fortuna di trovare al primo colpo Breastfeeding, un’app gratuita che a dispetto del nome fa molto di più di un mero supporto all’allattamento al seno. Tanto che la uso ancora adesso che mio figlio in neanche 4 mesi è passato dalla taglia prematuri (che gli stava anche comoda) alla 6-9 mesi.
Non tutti sono ferventi raccoglitori di dati e non tutti metterebbero su grafico qualsiasi cosa per studiarne l’andamento. Lo capisco. Se invece avete un approccio molto “data-driven” (usando un termine che va molto di moda negli ultimi anni), la mia esperienza potrebbe esservi utile.
Breastfeeding, cosa offre e come funziona
L’app è perfetta sia per chi allatta al seno che per chi utilizza il tiralatte. In entrambi i casi è possibile selezionare il seno utilizzato e a colpi di “tap” sullo schermo dello smartphone avviare e chiudere la sessione: a quel punto si avrà l’indicazione automatica della durata e nel caso del “tiraggio” si potrà mettere l’indicazione dei millilitri estratti.
Esempio di poppata in corso. Al tap sul pulsante “D” si è segnalato l’inizio dell’alimentazione dal seno destro. |
Di default ogni 3 ore una notifica ricorderà che è tempo di allattare o tirare il latte. Il valore è personalizzabile, per cui con la crescita si possono portare a 4 o i primissimi tempi ridurre a 2.
Durante le sessioni l’app continua a lavorare in background senza impattare le performance dello smartphone – quindi potete anche guardare dei video di Youtube mentre tirate il latte – e non perde il dato neppure se il cellulare si spegne. Se la sessione supera l’ora perché ci si dimentica di spegnerla, ne tiene comunque traccia (così da poterla correggere in un secondo momento). Funziona anche senza rete, aspetto che ho decisamente apprezzato perché quando sono vicina al pargolo metto lo smartphone in modalità aereo.
Oltre agli aspetti relativi all’allattamento è possibile indicare tutti i cambi pannolino (con relativo contenuto) – molto importante per avere conferma che il frugoletto mangi abbastanza senza fare pesate ogni giorno -, le sessioni di sonno – con modalità identica a quelle dell’allattamento, ovvero segnalando inizio e fine – la crescita (con altezza e peso, manca la circonferenza cranica), i pasti solidi per quando viene avviato lo svezzamento e i commenti.
Statistiche |
Grafici automatici |
Quello però che mi ha fatto amare quest’app e mi ha portato a usarla sempre, sono le statistiche, tanto più importanti quanto più sono complete. Soprattutto con il latte tirato, si hanno sempre sott’occhio i millilitri assunti giornalmente e l’ammontare dei pasti, nonché il numero dei pannolini sporchi. In pratica mi trovavo a fare meno fatica di prima (perché non dovevo più calcolare i tempi, mettermi notifiche, appuntarmi dosi su foglietti volanti) e in più ad avere un’enorme mole di dati facilmente consultabili grazie alle statistiche e ai grafici.
Inserendo i dati delle pesate settimanali, ad esempio, potevo controllare facilmente l’andamento del grafico a linee e sapevo, ben prima che me lo dicesse la pediatra, che tutto stava procedendo secondo il suo percentile di crescita (in realtà ben oltre il suo percentile, perché avrebbe dovuto esserci un calo che di fatto non si è verificato).
Perché mi ha salvato dal delirio
Tutto carino, ma perché ne parlo in modo così entusiastico? Perché in un certo senso le voglio bene, dal momento che mi ha dato supporto in un periodo di delirio intenso. Nel primi tempi non dormivo praticamente mai, mio figlio soffriva di reflusso, rischiava di non crescere adeguatamente (lui che era già minuscolo) e grazie a quest’app riuscivo a restare in contatto col tempo “oggettivo”, quello delle persone “normali”, quello della mia vita passata, prima che il delirio dovuto ad assenza di sonno, sessioni continue di tiralatte e pianti inconsolabili mi portasse in una dimensione parallela dove le giornate di 24 ore erano rimpiazzate da un susseguirsi di minuti che a seconda del momento potevano dilatarsi per ore o volare come secondi. Se avessi dovuto rappresentare la mia settimana non sarebbe stata composta da “lunedì, martedì, mercoledì…” ma da “feriale, weekend”.
Nei momenti in cui crollavo addormentata e mio marito era invece a casa, prendeva l’app dove tenevo traccia di tutto e si muoveva in totale autonomia nella gestione del piccolo col latte che lasciavo sempre di scorta in frigo. Al mio risveglio, se lui stava dormendo, prendevo l’app e controllavo le sue comunicazioni. Per un paio di mesi è stato uno strumento al servizio del lavoro di squadra. In questo l’app può essere un valido aiuto anche per chi somministra il latte artificiale.
Un uso intelligente dei grafici permette di capire meglio le esigenze di proprio figlio, a colpo d’occhio. Dal grafico dell’alimentazione ad esempio mi è chiaro anche a distanza di tempo quali sono stati i momenti degli scatti di crescita e ricercando i commenti relativi a quei periodi posso avere conferma che alcuni comportamenti insoliti siano invece fisiologici (anche perché a distanza di tempo di ricordi dei periodi di carenza di sonno me ne sono rimasti pochi…). Usando il monitoraggio del sonno ho scoperto che mio figlio ne dormiva 13 in un periodo in cui ne avrebbe dovute dormire più di 20. Il tutto quasi senza sforzo.
App Breastfeeding – Grafico dell’andamento delle alimentazioni. |
Anche per pianificare le attività può essere molto utile. Non sono una sostenitrice del famoso metodo EASY (che forse potrà funzionare per chi usa il latte artificiale, ma di certo non con il latte materno) ma credo che una routine sia utile al bambino e anche alla madre per riappropriarsi della sua vita e dei suoi spazi. Prendiamo ad esempio le poppate: io odio farle in pubblico, sarebbe meglio potessi sdraiarmi per ridurre l’intensità del flusso e quindi cerco per quanto possibile di organizzare gli appuntamenti per essere nella tranquillità domestica quando mio figlio scalpita per la fame. Ma in che orari prevederle?
Grazie a questa visualizzazione ho notato che spontaneamente mio figlio sta poppando sempre negli stessi orari e posso instaurare una routine che tiene conto dei suoi ritmi naturali.
soprattutto in caso di figli con reflusso e che quindi richiedono molto impegno perché non possono stare sdraiati, c’è un aspetto non trascurabile legato all’autostima: mio marito usciva al mattino, ero a casa da sola tutto il giorno e quando rientrava la sera mi sembrava di non aver fatto nulla. I piatti erano ancora lì da lavare, la casa un disastro, a fatica ero riuscita a fare la lavatrice per il pupo svomitazzante. Mi sentivo un’inetta. Poi guardavo l’app e scoprivo che avevo tirato latte per 3 ore e dato il biberon per un’altra ora e mezza, di aver cambiato 8 pannolini, cambiato 3 pigiamini e fatto altrettanti bagnetti lampo, di averlo tenuto in braccio per contrastare il reflusso per altre 3 ore… ero stata brava a riuscire a farmi una doccia e a pranzare.
E per una neomamma al primo figlio, abbattuta per l’aumento di peso, la carenza di sonno, i dolori post-parto e lo scombussolamento ormonale, anche una pacca sulla spalla virtuale può fare la differenza.
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