23 luglio 2009

Il diavolo della Tasmania a rischio estinzione


Sapevo già da qualche anno che il diavolo della Tasmania è stato incluso nell'elenco delle specie a rischio di estinzione. Sapevo anche che la causa era la scarsa varietà genetica (da 4 secoli si sono estinti sul territorio australiano e rimangono solo in Tasmania), alla base di una forma di tumore trasmissibile tra gli animali che si manifesta con neoplasie al volto che portano alla morte per denutrizione.
Fortunatamente il governo si è mosso per la tutela di questi animali e ha già messo in quarantena due gruppi per evitare che la malattia possa decimare tutta la popolazione. Questo mi rassicura un po' sulla conservazione della specie ma mi rattrista che tanti diavoli stiano morendo in un modo così straziante.
Non è tutto. Ieri per caso ho scoperto su Wikipedia che anche in questo caso la causa di tutto potrebbe essere l'uomo. Tanto per cambiare.
Mentre sono in corso le ricerche per sequenziare il genoma del diavolo[18], una scoperta sconcertante è stata intanto l'individuazione di alcuni degli agenti carcinogenici in conseguenza di studi ordinati dal governo tasmaniano. I dati, che il quotidiano "The Australian" ha obbligato il governo a fornire in base alla locale legge sulla libertà di informazione, rivelerebbero che si è accertata la presenza, negli individui infetti, di potenti elementi chimici utilizzati in genere per prevenire gli incendi. Si tratta in particolare di componenti tossici come due eteri difenili polibrominati (PBDE): l'esabromobifenile (BB153) ed il decabromodifenile (BDE209), il cui impiego principale è per la fabbricazione di oggetti dei quali ridurre l'incendiabilità (fra i quali computer, elettrodomestici, tappeti) ed in schiume di analogo scopo (usate ad esempio per i mobili). Secondo lo International Persistent Organic Pollutants Elimination Network (IPEN), che ne ha proposto la messa la bando ai sensi della Convenzione di Stoccolma, la scoperta non è senza effetti anche riguardo alla salute umana, considerato che il rintraccio di questi elementi in zone non industrializzate dimostra la precedente sottovalutazione della loro insidiosità; in particolare, le industrie produttrici del BDE209 avevano espressamente escluso la bioaccumulazione del composto, che si era pertanto imposto sui prodotti concorrenti proprio per questa caratteristica.

Quindi ci potrebbe essere stata una predisposizione ai tumori, poi scatenata dalla presenta di sostanze tossiche o cancerogene nel loro habitat.
Ci sono però speranze per la sopravvivenza dei diavoli.
In Tasmania temono fortemente la diffusione della volpe rossa, una specie non autoctona, introdotta illegalmente, e che senza il diavolo si moltiplicherebbe rapidamente. Sarebbe un bel danno per gli abitanti della zona. Il fatto che ci siano anche interessi economici a favore della sopravvivenza del diavolo, mi fa sperare che non faccia la fine del delfino bianco dello Yangtze (sarà estinto? Mah! Prima nel fiume ce n'erano migliaia, ora dobbiamo cercarli col lanternino, se non è estinto è solo questione di tempo! Si esultava per la presenza di un esemplare. Direi che la specie è salva...).

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