31 marzo 2009

Un po' di corti che vale la pena di vedere (e rivedere)...

Ieri sera, nel corso di una nuova puntata di Qoob, ho scoperto un nuovo corto interessante: Big In Japan.

Mentre lo cercavo sul sito di Qoob ho ritrovato un video che avevo visto qualche tempo fa: Men at Work. Tutto un altro genere rispetto al precedente.

Un video surreale creato dagli studenti del Savannah College of Art and Design: Memo

Storia d'amore in caffetteria (chi ha amato il magico mondo di Amelie dovrebbe buttarci un occhio): Dumping elaine

Infine un bellissimo video che ho scoperto per caso: Weg

30 marzo 2009

Film porno a spese dei contribuenti

Mentre da noi fanno discutere utilizzi indegni delle ambulanze e affitti di regge a prezzi irrisori (e chissà quanti privilegi ignoriamo), nell'Inghilterra sempre così riservata e attenta agli scandali (almeno sulla carta) sta facendo discutere la messa in note spese di due film porno da parte della responsabile del ministero dell'interno britannico, Jacqui Smith. I soldi (circa 10 sterline) saranno ovviamente rimborsati. Ma la domanda sorge spontanea: se nessuno se ne fosse accorto? Non sarebbe il caso, soprattutto in periodi di crisi, di non abusare dei soldi dei contribuenti?
Per la cronaca, la Smith è già sotto inchiesta per aver chiesto 116.000 sterline di rimborsi per le spese di alloggio nella sua seconda "casa" (ovvero quella di famiglia), dal momento che ha fatto risultato l'appartamento londinese che divide con la sorella come casa principale. I porno rientravano nelle 67 sterline di conto Virgin Media per servizi radiotelevisivi nella casa di famiglia.
Non avendo tempo di riportare per esteso una traduzione degli articoli stranieri, citerò l'Ansa di oggi.
PORNO VISTI DAL MARITO IN NOTA SPESE, MINISTRO SMITH NEI GUAI
di Augusto Zucconi

LONDRA - La responsabile del ministero dell'interno britannico, Jacqui Smith, è nei guai per due film a luci rosse visionati dal marito in pay-per-view a spese del contribuente. Stupore e incredibilità, scuse ufficiali, imbarazzo molto british ma, ormai, la frittata è fatta: per alcuni esponenti dell'opposizione la ministra rischia addirittura la poltrona.

Lanciata in orbita dal domenicale Sunday Express, la vicenda da stamani è sulla bocca di tutti e imperversa sulle Tv e i siti Internet del Regno Unito. I commenti sarcastici si sprecano. "Con una moglie così - si sente dire - che male c'è se uno si guarda un film porno?".

Donna un po' anonima e per nulla controversa, considerata una mera esecutrice degli ordini di Gordon Brown, Jacqui Smith non intende lasciare il suo incarico e l'ufficio del premier oggi le ha espresso la piena solidarietà del governo.

A Westminster, tuttavia, l'opposizione è già sul piede di guerra e c'é chi sostiene che la sua carriera è compromessa. "Non è mia abitudine chiedere le dimissioni di un ministro e non lo faccio nemmeno adesso ma certo, in questo caso non si può dire che la collega finora abbia fatto un lavoro particolarmente brillante", ha detto l'ex ministro ombra agli interni, il tory David Davids. A soli quattro giorni dal vertice del G20 contro la crisi internazionale, per Brown la bufera non poteva arrivare in un momento peggiore. Ieri il raduno anti-globalizzazione di Londra si era concluso senza incidenti nonostante i timori della vigilia.

A causa di questo inatteso infortunio, tuttavia, la soddisfazione è stata di breve durata. I due film incriminati sono stati visionati dal marito, Richard Timney, nella casa di famiglia a Redditch, nell'Inghilterra centrale. Le date sono quelle dell' 1 e del 6 aprile 2008, giorni in cui la signora Smith era a Londra a sbrigare gli affari di governo. Del pasticcio è in ogni caso responsabile anche la stessa Jacqui Smith che, per sua ammissione, ha detto di avere erroneamente inserito nella sua nota spese di aprile le 67 sterline (72 euro) del pacchetto abbonamento Tv con connessione a Internet abbinata.

"Mi scuso per la svista, naturalmente restituirò tutto", ha fatto sapere. Anche il marito si è scusato, in diretta Tv. Scuro in volto, stamani si è concesso brevemente ai cronisti che stanno cingendo d'assedio la casa della coppia. "Mi dispiace per l'imbarazzo che ho provocato a Jacqui, posso immaginare anche che molta gente si arrabbiera", ha detto.

"Dire che Jacqui è furibonda è usare un eufemismo, dire che vorrebbe nascondersi sottoterra anche - ha detto un amico di famiglia - comunque non vorrei essere nei panni di Richard, si é già preso una bella lavata di capo".

La vicenda è esplosa proprio mentre la titolare dell'Home Office si trovava nel bel mezzo di un'altra controversia riguardante le sue spese di deputata. Jacqui Smith ha la residenza nella sua casa di Redditch e, quando è a Londra, è ospitata dalla sorella.

Lo scorso mese è venuto fuori che la ministra aveva chiesto 160 mila sterline (oltre 175 mila euro) a titolo di rimborso per le spese di alloggio. In questo caso però la signora Smith dice di essere pronta a dimostrare di avere agito nel pieno rispetto delle regole.

Visto che siamo in tema, ecco il link di un interessante articolo-dibattito (in inglese) sull'evoluzione della pornografia negli ultimi 30 anni. E' davvero cambiato qualcosa?

27 marzo 2009

Piano casa, condoni e senso estetico di Berlusconi

Un Travaglio in stato di grazia ha parlato ieri sera ad AnnoZero del piano casa e della cementificazione selvaggia in Italia. Del resto, se nessuno dà il buon esempio...
Interessanti soprattutto i costi dei vari condoni, fatti per fare facilmente "cassa" ma nella pratica addirittura controproducenti.

Potevo ignorare Vauro? "Casa Rutelli" geniale come sempre.

26 marzo 2009

Il Governo contro Facebook e Youtube

L'emendamento del senatore dell'Udc Giampiero D'Alia al ddl sicurezza è passato al Senato. Chi ne ha sentito parlare? Sù le mani, la questione è molto importante: riguarda il controllo dei server da parte del Ministero dell'Interno.
Partiamo con ordine.
"Sanzioni ai siti che incitano al crimine" titolava il corriere.it.
ROMA - Il braccio della legge entra deciso anche nel web. Il Senato ha approvato infatti, nell'ambito del disegno di legge sulla sicurezza, un emendamento del presidente dei senatori dell'Udc, Giampiero D'Alia, che prevede la repressione dei casi di apologia e incitamento via internet di associazioni mafiose, criminose, eversive, terroristiche, oltre che di violenza sessuale, discriminazione, odio etnico, nazionale, razziale e religioso. Lo ha reso noto lo stesso D'Alia.

L'obiettivo sarebbe quello di "ripulire la rete, e in particolare il social network «Facebook», dagli emuli di Riina, Provenzano, delle Br, degli stupratori di Guidonia e di tutti gli altri cattivi esempi cui finora si è dato irresponsabilmente spazio".
Francamente ho visto più spesso dare "irresponsabilmente spazio" a cattivi esempi in televisione (dove il pubblico è pure maggiore) che in Rete, ma vabbé...
Una misura straordinaria per riportare un po' di legalità nel Paese o solo una mossa politica per mettere il bavaglio agli oppositori?
L'emendamento D'Alia, parte del Pacchetto sicurezza proposto dal governo, ha suscitato polemiche e timori. I più grandi social network, come Facebook e YouTube, supportati dalle perplessità espresse dai frequentatori di Internet, attraverso blog e forum, temono che lo stesso si trasformi in una sorta di censura per gli spazi virtuali a cui dovrebbe applicarsi.
Timori alimentati da voci di spicco della politica italiana, come quella dell'on. Antonio Di Pietro, che, a torto o a ragione, hanno addirittura messo a confronto la situazione italiana, nel caso in cui il Decreto dovvesse passare così come proposto, con quella della Cina e della Birmania.
Leggete il per intero l'articolo, "Nessuna censura per Facebook e simili. Precisazioni di D'Alia", tratto da Pcworld.it

Tutti tranquilli? Mica tanto.
Riporto uno dei tanti commenti che girano in Rete e che sintetizza al meglio preoccupazioni condivise da molti utenti:
Il testo dell'art.50 bis in questione non comprende solo i reati (odiosi) citati nell'articolo pubblicato su Corriere.it ma tutti i "delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi, ovvero per delitti di apologia di reato, previsti dal codice penale o da altre disposizioni penali." Rimangono aperte molte domande. Cosa si intende per "disobbedire alle leggi"? Che uso verrà fatto di questo articolo? Rischia di poter essere utilizzato per ridurre al silenzio il democratico dissenso? E la prevista "attività di filtraggio" su chi verrà eseguita? Indistintamente su tutti? Sappiamo benissimo che non c'è bisogno di nessuna attività di filtraggio per far chiudere su Facebook un website che inneggia alla Mafia. Il filtraggio serve per altro, per controllare le persone e le opinioni. Siamo seri: chi vuole delinquere utilizza reti anonime e collegamenti criptati. Come annunciato a suo tempo dal Capo del Governo (3 dicembre: "Per quanto riguarda internet manca una regolamentazione") è in corso una stretta sull'utilizzo di Internet. Ho cercato di raccogliere cronologia e documenti di quello che sta succedendo su http://attaccabrighedigitale.wordpress.com
.
Quando ho saputo della notizia ho subito pensato a Beppe Grillo. Sono andata sul suo blog e ho scoperto che sono già pronti i bannerini contro l'emendamento D'Alia. E un "documento programmatico" intitolato "Il "Merda Wall" di D'Alia contro Internet".
Sono a favore del diritto all'oblio, che in Italia tutti sembrano ignorare (non a dimenticare le grandi tragedie, ma a non mettere sempre il dito nella piaga e a pescare nel torbido anche quando si è nell'acqua cristallina). Ho però la strana impressione che una legge simile non aiuterà a rispettare le vittime e a combattere reati, ma solo a punire i "liberi pensatori". Del resto non sarebbe la prima volta che la libertà di opinione non è ben accetta in Italia. Ma i tempi cambiano: ieri a emigrare erano intellettuali e minoranze religiose... oggi saranno i server.

25 marzo 2009

Ikea, arriva l'auto del futuro



Una notizia curiosa appena pescata da Repubblica.it. Ikea fa il suo debutto nel campo delle automobili.


Ecco l'auto dell'Ikea
Una low cost da pubblicità

Ikea entra nel mondo dell'auto low cost. La notizia, clamorosa, sta già facendo il giro del mondo perché l'annuncio è ufficiale e perché, per l'occasione, è stato anche aperto un sito web all'indirizzo http://www.roulez-leko.com con tanto di conto alla rovescia per il debutto della macchina, per ora avvolta da un telo. Il problema è uno solo: la data del debutto è fissata in pratica per il primo aprile... Ma non si tratta di uno scherzo perché la macchina esiste davvero, anche se non sarà in vendita: l'idea è tutta della filiale francese dell'Ikea che per la prossima campagna pubblicitaria si appresta a lanciare proprio una vettura, simboleggiando così in quest'auto “del futuro” tutti i contenuti dei mobili Ikea.

Il Tempo aggiunge dell'altro.
...si tratta di un modello "più a buon prezzo ed ecologico di altri, che permette una drastica riduzione dei consumi, costruito in modo adattabile a seconda delle merci trasportate e che dipende da una cooperazione con altri"
.
In molti stanno pensando a un bel pesce d'aprile. C'è chi scrive "IKEA Concept Car A Bad Swedish Joke?" e ipotizza che ognuno se la debba montare a casa: l'idea di un'auto venduta in comodi pacchi che ti assembli con la brugola sempre in dotazione francamente stuzzica la mia fantasia.
Probabile che si tratti di un fake. Una vettura ecologica, economica e che richiede la collaborazione degli altri mi ricorda qualcosa...

Massì, l'auto ecologissima dei Flinstones (notate i piedini degli occupanti) che forse ha ispirato la realizzazione di Human Car, la prima auto elettrica che si carica pedalando.
Però non mi spiego l'adattabilità "a seconda delle merci trasportate".
Mah, restiamo in attesa.
Intanto un risultato Ikea l'ha già ottenuto. Tutti oggi parlano della loro iniziativa e io - come chissà quanti altri - ho bookmarcato il sito col conto-alla-rovescia per scoprire di che si tratta.
Non so come sarà il risultato tecnologico di questa manovra. Dal punto di vista del marketing e della comunicazione è un case study. L'Ikea, del resto, non ci ha mai deluso (anche se in Italia osa molto meno che all'estero)...


Aggiornamento al 31 marzo, ore 16.20. L'auto è stata svelata. Sotto il telo non c'era nulla. Un'auto come quella descritta non esiste (in effetti l'adattabilità ai pacchi da trasportare mi lasciava perplessa). Però esiste il car pool. Chissà come andrà... La manovra di lancio era davvero originale.

24 marzo 2009

Pearls Before Swine (Perle ai porci)

Mi sto appassionando a una nuova serie a fumetti intitolata Pearls Before Swine di Stephan Pastis, che in Italia è conosciuta come "Perle ai porci". La potete leggere su Linus.
Il titolo originale ha lo stesso significato di quello italiano. Fortunatamente, perché spesso le traduzioni di espressioni idiomatiche sono un terno al lotto.

Posto la vignetta che in assoluto preferisco e che rappresenta al meglio la filosofia di molti italiani:

Riporto le parti a carattere formica.
"Danny Donkey hated people."
"They made him wait at the supermarket."
"They made him wait at the video store."
"They made him wait at the amusement park."
"So Danny Donkey cut the line. Cut the line at the supermarket. Cut the line at the video store. Cut the line at the amusement park."
"Why, danny donkey cut every line he could find."
"but for everithing we do, there are consequences. And this was no exception. for as a result of all his line-cutting, Danny Donkey saw that he had become something he had never been before..."
"Happy".

23 marzo 2009

50 anni di "A qualcuno piace caldo"


Non sarà la Marilyn indimenticabile di "Quando la moglie è in vacanza", ma anche in un ruolo brillante la bionda per eccellenza se l'è cavata egregiamente. Avrò visto decine di volte "A qualcuno piace caldo" e l'ho sempre trovato splendido. Anzi, più lo si guarda e più si entra nella pellicola (oggi nel dvd). Il ritmo, i tempi comici, la scelta del cast e la recitazione degli attori (su tutti un frastornato Jack Lemmon) mi sono sempre sembrati perfetti. Sicuramente uno dei migliori film (ma a mio giudizio non il migliore) del grandissimo Billy Wilder.
Un film ancora attualissimo. Anzi, il bianco e nero lo porta fuori dal tempo, apprezzabile oggi come 30 o 50 anni fa. La notizia è proprio questa: "Some like it hot" ha compiuto 50 anni. Portati egregiamente.
Ecco il testo della scena finale, un capolavoro di genialità:
"Osgood, voglio essere leale con te: non possiamo sposarci affatto".
"Perché no?".
"Beh'... in primo luogo io non sono una bionda naturale...".
"Non m'importa".
"... e fumo, fumo come un turco...".
"Non m'interessa".
"Ho un passato burrascoso: per più di tre anni ho vissuto con un sassofonista".
"Ti perdono".
"Non potrò avere mai bambini...".
"Ne adotteremo un po'".
"Ma non capisci proprio niente, Osgood! Sono un uomo!".
"Beh, nessuno è perfetto".


Splendida anche la considerazione di una Marilyn distrutta dall'ennesima storia d'amore naufragata: "È la storia della mia vita, se c'è una ciliegina col verme, tocca sempre a me".

Vediamo qualche curiosità (ne trovate molte altre su movieplayer.it):
Dov'è il bourbon?

Marilyn Monroe è riuscita a sbagliare per 59 volte la scena in cui chiede semplicemente "Dov'è il boubon?"

Per il ruolo di "Josephine", che poi è andato a Tony Curtis, era stato considerato Bob Hope, per il ruolo di Zucchero - che poi è andato a Marilyn Monroe - il regista Billy Wilder avrebbe voluto l'attrice Mitzi Gaynor, mentre per il ruolo di "Daphne", che poi è andato a Jack Lemmon, il regista avrebbe voluto Frank Sinatra, ma erano stati considerati anche Danny Kaye, Anthony Perkins e Jerry Lewis, che però rifiutò perchè non gli andava di travestirsi da donna. Quando Jack Lemmon ebbe una nomination all'Oscar per il ruolo che Lewis aveva rifiutato, prese l'abitudine di mandare una scatola di cioccolatini a Lewis ogni anno per ringraziarlo di aver rifiutato la parte.

Marilyn Monroe voleva che A qualcuno piace caldo fosse girato a colori - e d'altronde il suo contratto prevedeva che tutti i film di cui era protagonista dovevano essere a colori - ma Billy Wilder riuscì a convincerla a girare il film in bianco e nero, perchè gli screen test avevano rivelato che il make up di Jack Lemmon e Tony CurtisTony Curtis dava al loro viso una sfumatura verdognola, che con il bianco e nero non si sarebbe notata.

Durante le riprese di A qualcuno piace caldo i problemi dovuti all'atteggiamento di Marilyn Monroe furono notevoli: secondo Tony Curtis Marilyn si presentava sul set regolarmente in ritardo di due, tre ore, e spesso rifiutava di uscire dal camerino. L'attrice inoltre non riusciva a memorizzare nessuna battuta, anche le più semplici e spesso era costretta a leggere le sue battute su una lavagna. Le scene del film ambientate nell'albergo, furono girate interamente all'Hotel Del Coronado di San Diego, in California, perchè Marilyn non voleva spostarsi e voleva soggiornare poco lontano dal set. Alla fine delle riprese Wilder era così arrabbiato con lei, che non la invitò neppure al party di lancio del film. Della sua esperienza con l'attrice, il regista disse "Era come essere in volo, con un folle sull'aereoplano".

Il titolo provvisorio di "A qualcuno piace caldo" era "Non stanotte, Josephine", invece in Russia il film è stato intitolato "Il jazz è permesso solo alle ragazze".


Ecco infine il lancio Ansa sui 50 anni del film:
ROMA - Una prorompente Marilyn Monroe che canta I wanna be loved by you, Jack Lemmon e Tony Curtis strepitosi 'en travesti', ritmo, gag, battute, attori del calibro di George Raft e Pat O'Brien in parti secondarie: il 29 marzo, data della sua uscita in Usa, A qualcuno piace caldo compie 50 anni ma è un film ancora giovane. Continua a divertire, emozionare, far ridere. Insomma rimane una pietra miliare della commedia.

"Sarà un disastro" disse il produttore David O. Selznick al regista di questo capolavoro, Billy Wilder: "non si possono combinare commedie e massacri". E invece Wilder fece esattamente questo. In più aggiunse alla miscela Marilyn Monroe e il travestitismo. Ma non confezionò un film lunare, fuori dalla realtà come avrebbero potuto fare i fratelli Marx. Ancorò invece ad un luogo e ad un periodo preciso (il proibizionismo nella Chicago del 1929) la storia di due musicisti in bolletta (Lemmon e Curtis) che per sfuggire alla banda di gangster autori di un eccidio cui hanno casualmente assistito, si travestono da donna e si fanno ingaggiare da un'orchestrina femminile diretta in Florida.

Dove si scatena la farsa: Lemmon, diventato Daphne, prima subisce e poi gradisce la corte di un miliardario scialacquatore di mezza età (interpretato da Joe E. Brown che sarebbe morto poco dopo) e Curtis, diventato Geraldine, nei momenti liberi cambia di nuovo travestimento e si trasforma in un giovane magnate del petrolio facendo il verso a Cary Grant per conquistare la suonatrice di okulele Sugar Kane, niente meno Marilyn Monroe. Che, con la sua prorompente sensualità, col suo "impatto carnale" come lo definì Wilder, è il motore di tutta la commedia. E pensare che per la parte era stata scelta in un primo tempo Mitzi Gaynor. Ma quando Marilyn si mostrò interessata, Wilder non ci pensò due volte anche se sapeva che sarebbe stato un'inferno perché sul set Marilyn all'improvviso si imbambolava e i ciak non si contavano più.

Una battuta ('Dove è quel bourbon') richiese più di 50 repliche. Il titolo avrebbe dovuto essere 'Not Tonight, Josephine', poi fu scelto 'A qualcuno piace caldo' riferito al jazz, una frase che viene messa in bocca a Tony Curtis travestito da miliardario mentre parla con Marilyn in una sequenza su una spiaggia della Florida, in realtà girata a San Diego, California. La celebre frase finale 'nessuno e' perfettò è di I.A.L. Diamond, sceneggiatore di fiducia di Wilder. Era una battuta provvisoria, ma alla fine rimase, e all'anteprima di Westwood il pubblico esplose.

19 marzo 2009

Auditel, dubbi vecchi e nuovi

In questi giorni c'è un gran vociare sull'ormai datato sistema Auditel per la rilevazione dei dati di ascolto della televisione italiana. Sky ha innescato la bufera dichiarando che il sistema riflette un mercato vecchio di 15 anni e che l'Auditel è controllata al 60% da Rai e Mediaset.
Una polemica tutta nuova? Mica tanto. Già nel 2004 c'era chi titolava "L'auditel è vecchio, fallace e per redditi bassi. Le alternative".
A breve, con il diffondersi del digitale, molto probabilmente l'Auditel passerà di moda. I pubblicitari vogliono strumenti sempre più precisi e dettagliati per conoscere gli spettatori, e le nuove tecnologie sono in grado di fornirli. L'Auditel no. Per troppi motivi, primo fra i quali il fatto di essere "volontario". Io so che le mie preferenze vengono monitorate. E questo mi condiziona, nel bene e nel male.
E c'è anche chi, come segnalato su Repubblica.it, ha pensato bene di beffare il sistema. Con buona pace di tutti gli italiani.
La famiglia Capelli, residente in un paesino vicino Roma
racconta la sua esperienza di "nucleo-campione"
"L'Auditel era il nostro incubo
così lo abbiamo imbrogliato"...

Svelati i trucchi per orientare le rilevazioni
"Mi divertivo ad aggiungere e togliere spettatori"
di ROBERTA GISOTTI

[...]
Ma non avete pensato di uscire dal campione?
"Certo che sì, mio padre lo andava ripetendo al tecnico, un ragazzo di Viterbo, che ogni tre mesi circa tornava in casa nostra e armeggiava con un computer portatile collegato ai nostri meter".

Siete rimasti nel campione vostro malgrado per oltre 3 anni?
"Sì ogni volta papà insisteva di togliere i meter ma il tecnico ce li lasciava e allora sono rimasti del tutto incustoditi, soprattutto dopo che un anno e mezzo fa sono andata via di casa e mi sono trasferita a Roma".

Avete avvertito l'Auditel di questo trasferimento?
"No, ormai l'Auditel lo subivamo e basta."

Che giudizio dai di questa esperienza?
"Assolutamente negativa, e pensare che io ero partita con le migliori intenzioni, ma questo rilevamento è proprio inaffidabile. Noi tutti in casa, volontariamente o no, siano stati dei mistificatori. Ma ora con l'Auditel abbiamo chiuso".

Certo, l'Auditel si può ingannare, ma intanto la televisione si è adeguata alle richieste di un pubblico che probabilmente non è realmente rappresentativo degli interessi collettivi e la qualità dei programmi in un ventennio è precipitata. Basti pensare ai contenitori domenicali degli anni Ottanta (e la domenica non ha mai brillato per la qualità del pubblico) e quelli attuali, pieni di risse, insulti e pseudofamosi raccattati da varie edizioni e tipologie di reality. E il pubblico rimane inebetito ad ammirare un grazioso trenino.
Ma com'è il campione dell'Auditel? E' davvero così esteso e rappresentativo? Beh, vale la pena sottolineare che il meter è utilizzato solo da 5.163 famiglie. In altre parole, circa 14mila individui decidono i programmi e i palinsesti di un paese di 60milioni di abitanti. Certo, è normale che con simili cifre si usino dei campionamenti. Ma si potrebbe discutere sulla rappresentatività del campione e sulla reale valenza dell'Auditel. Si è sentito parlare troppo spesso di programmi chiusi dopo la prima puntata causa ascolti deludenti per non accorgersi della rilevanza dell'Auditel. La televisione italiana è malata di quello stesso "mordi e fuggi" che sta rovinando altri settori economici e sociali. Ci vogliono risultati subito, altrimenti tutti a casa. Peccato che il rinnovamento e il miglioramento richiedano del tempo. La fretta non è buona consigliera.
Intanto il digitale terrestre in Sardegna sta rivelando tendenze inaspettate.
Dopo un mese di digitale terrestre, per la Sardegna arrivano i primi risultati dell´Auditel. In calo gli ascolti di Mediaset e delle televisioni locali; regge la Rai e cresce Sky
Sardegna digitale: Risultati auditel
La prima regione europea a sperimentare il passaggio dall’analogico al digitale mostra le prime reazioni dei telespettatori nello «zapping» quotidiano. Male Mediaset che ha perso ben 7,8 punti di share rispetto allo stesso mese dell’anno precedente; bene la Rai e Sky. Viale Mazzini, infatti, pur soffrendo anch’essa nei canali tradizionali (meno 2 punti percentuali), recupera con la sua nuova offerta digitale (più 3,6 punti percentuali). I canali di Murdoch, invece, non conoscono battute d’arresto e si portano ad una percentuale di quasi il 10% dei telespettatori.

Con la diffusione del digitale terrestre i reali interessi degli italiani saranno ben più chiari. A questo punto non posso che augurarmi che gli italiani siano migliori di come li dipinge l'Auditel...

18 marzo 2009

Facebook, strumenti di promozione...

In questi giorni per motivi di lavoro sto studiando i sistemi di promozione attuabili in Facebook. Purtroppo a fronte di enormi potenzialità, gli strumenti spesso e volentieri sono abbastanza poveri. Si sta cercando di ovviare, ma non sempre il risultato è quello sperato. La creazione di pagine è ancora troppo macchinosa. Del resto Facebook è nato per mettere in contatto persone fisiche, ovvero profili, e l'apertura del network a persone giuridiche (chiamiamole così) è un po' tirata per i capelli. Da pochissimo poi le pagine sono diventate ancora più simili ai profili, ma la gestione non è ancora semplicissima. Rispetto ad altri social network trovo francamente Facebook troppo poco user friendly (per quanto non sia una newbie del web faccio ancora fatica a inserire un'applicazione in pagina, immagino come se la cavino gli utenti meno esperti).
Iniziamo questo viaggio nel potere di promozione (o di adorazione) di Facebook con l'articolo "Facebook, l’Italia nella top ten con Nutella, ovetto Kinder e pizza" pubblicato su Panorama.it.
Quasi tre milioni di persone adorano la crema di nocciole piemontese, resa celebre anche dal film Bianca di Nanni Moretti che si consola con un contenitore di dimensioni surreali. Altrettanti sono “supporter” della pizza. E 2,5 milioni di persone sono fan dell’ovetto.

Per la cronaca, i fan internazionali della Nutella sono oggi 3.069.103 e quelli di Kinder Surprise 2.594.856. In Italia l'ovetto Kinder ha 51.334 fan.
Passiamo ora a un interessante articolo [in inglese] sull'uso di Facebook per promuovere la propria azienda. Una premessa è d'obbligo: se avete scheletri nell'armadio, se i vostri prodotti sono di qualità così infima che il tasso di soddisfazione dei vostri clienti rasenta lo zero, Facebook non fa per voi. Altrimenti rischiate di creare nella vostra pagina le stesse lamentele che si possono leggere su Ciao.it. Facebook va letta come un'opportunità di promozione ma anche di dialogo. Altrimenti è meglio rinunciare subito.
Per promuovere la vostra pagina Facebook vi mette a disposizione un interessante strumento: il biglietto da visita (lo chiamano anche "distintivo" o "Find us on Facebook badge". Il risultato è sempre lo stesso, un loghetto da mettere sul proprio sito per rimandare e far conoscere la propria pagina Facebook. Di sicuro lo avrete visto decine di volte...




Concludo con un articolo molto interessante sulle applicazioni, uno dei tasti più dolenti di Facebook (nel senso che non sono adeguatamente conosciute e sfruttate): "Le 20 migliori applicazioni per Facebook". Da Sweet RSS Feed Reader a Mon CV (passando per giochini perditempo vari) qualche cosa di utile viene fuori...

17 marzo 2009

La creatività dei cortometraggi

Adoro i "corti". Essendo brevi possono essere fatti anche da registi alle prime armi, con strumenti molto semplici. Non servono case cinematografiche per diffonderli, basta la Rete, i festival e i programmi televisivi giusti.
E a differenza di quanto avviene nel cinema, ormai sempre più standardizzato e dal sapore di "già visto", nei corti la creatività si spreca.
Una piccola selezione di vecchi e nuovi capolavori che val la pena di vedere.

Piccole cose di valore non quantificabile


Il sorriso di Diana



E:D:E:N:

16 marzo 2009

Buttiamola sul ridere...

Mentre tremo al pensiero che passi in toto la legge sull'edilizia (e che una nuova colata di cemento si abbatta su questo Paese già debitamente sfregiato e grigio), posto le vignette di Vauro disegnate durante l'ultima puntata di Annozero.
Non ci resta che ridere...

6 marzo 2009

Englaro, la battaglia continua

Si continua a parlare della famiglia Englaro dopo che Peppino ha annunciato battaglia legale contro chi lo ha diffamato. Sono contenta che del caso si parli ancora. Non volevo finisse nel dimenticatoio, come la vicenda di Piergiorgio Welby (diversa ma ugualmente dolorosa), che con la solita "assenza di memoria" che contraddistingue l'opinione pubblica italiana, una volta conclusa è stata del tutto accantonata. La battaglia per la libertà di scelta e per lo Stato laico non deve andare nel dimenticatoio.
Riporto alcuni articoli particolarmente interessanti sulla recente piega che ha preso la questione. Il primo l'ho pescato su Repubblica, ed è un'interessante polemica tra mezzi di informazione, tra Repubblica e l'Avvenire. Interessante - per me - perché non credevo che ancora oggi qualcuno potesse pronunciare senza sentirsi in imbarazzo inviti del tipo "cattolici, non comprate più quel giornale che ha osato esprimere liberamente un'opinione che non condividiamo". Ma soprattutto mi domando se appelli di questo tipo ottengano ancora l'effetto sperato. Evidentemente, se vengono fatti, o si presume che portino buoni risultati, o si ha una visione deformata della realtà. Per sapere la risposta, cercherò di scoprire quante copie in più di Repubblica finiranno al macero nelle prossime settimane.
Ecco l'editoriale di Repubblica, che vi invito a leggere nella sua interezza sul sito internet:
EDITORIALE
Caso Englaro, risposta all'Avvenire
In questa vicenda era in campo - c'è stato per 17 anni - un solo padre, che certo per Eluana è stato anche maestro e amico, tanto da volerle essere fedele fino in fondo, testimone d'amore e non "d'accusa", genitore e non "pubblico ministero", giudice soltanto del sentimento familiare che lo lega a sua figlia, del suo divenire e del suo risolversi rimanendo intatto: proprio per tutto ciò quella parola finale - boia - a nessuno dovrebbe venire in mente di pensarla, non solo di scriverla. Se il direttore di "Avvenire" oggi non lo pensa, meglio per lui e per tutti: ne siamo lieti.

Ma il giornale dei vescovi va avanti. Parla di "manipolazioni", "infortuni", "battute beffarde e assurde", "giornalismo creativo", "invenzioni e calunnie", fino ad attaccare Gustavo Zagrebelsky, definito "il Grande Valdese subito pronto a impartirci ad onta di ogni bon ton e garbo interconfessionale l'ennesima lezioncina sul Concilio Vaticano II".

Ora, essere valdese non è né un merito né una colpa, non toglie e non aggiunge nulla alle considerazioni di un costituzionalista che è stato anche presidente della Corte, e che senza essere gravato degli obblighi del dialogo interconfessionale spettanti tutt'al più alla gerarchia, ha diritto di pronunciare le sue opinioni sullo Stato e la Chiesa senza che vengano bollate come "lezioncine". Anche perché Zagrebelsky (è ridicolo dover parlare di questi aspetti a proposito di una discussione politica ed istituzionale, come se le appartenenze contassero più delle idee) non è valdese. È un cittadino, libero di pensare e di esprimersi.

Un brutto esempio di "manipolazione", di "battute beffarde e assurde", di "giornalismo creativo", di "invenzioni e calunnie"? No, non è il caso di ricorrere al livore di quel linguaggio. Se proprio dobbiamo scegliere tra quel lessico, preferiamo pensare ad un "infortunio". Così, non faremo come "Avvenire" che evangelicamente annuncia "cominciamo a stancarci", e minaccia di invitare i cattolici - quasi fossero un vecchio partito - a non acquistare "Repubblica".

Per noi è meglio se i cittadini, di qualunque fede e anche senza credo religioso, leggono più giornali, si documentano ricorrendo a più fonti, compresa naturalmente quella cattolica, così radicata nella tradizione italiana. Per poi formarsi una loro idea delle cose, un convincimento autonomo, concorrendo a far nascere quel soggetto delicato ed essenziale in democrazia che è la pubblica opinione di un Paese che vorremmo libero e sovrano.
(e. m.)

Proseguo con una interessante carrellata di opinioni dei vari direttori che si sono occupati del caso Englaro, presa dall'Adnkronos:
La reazione dei direttori delle testate

Fede: ''Risarcisca lui l'opinione pubblica''. Vespa: ''Da noi ospite per 9 volte''. Belpietro: ''Rischia un autogol''. Feltri: ''Mai insultato Beppino Englaro''. Giordano: ''Abbiamo difeso un principio''
Roma, 4 mar. (Adnkronos) - L'avvio da parte di Beppino Englaro di un'azione civile di risarcimento danni contro chi, a suo dire, lo ha diffamato e calunniato in questi mesi, ha provocato reazioni diverse tra i direttori delle principali testate giornalistiche.

Emilio Fede - "Della famiglia Englaro ne ho piene la scatole'', commenta all'Adnkronos il direttore del Tg4, Emilio Fede. ''Della povera Eluana conservo un ricordo triste e pieno di solidarieta' ma della sua famiglia vorrei tanto non sentirne piu' parlare. Forse e' la famiglia Englaro che dovrebbe risarcire gran parte dell'opinione pubblica, dopo che con la morte di Eluana ha recato offesa alla vita".

Bruno Vespa - Secondo il conduttore di 'Porta a Porta' Bruno Vespa, "qualunque persona che si senta diffamata ha il diritto di citare in giudizio chi ritiene lo abbia diffamato, poi i giudici stabiliranno chi ha diffamato chi. Per quanto riguarda 'Porta a Porta' escludo nella maniera piu' categorica che la trasmissione possa aver diffamato Beppino Englaro che, lo ricordo, fra il 2000 e il 2009 e' stato ospite del programma nove volte".

Maurizio Belpietro, conduttore di 'Panorama del giorno', si aspettava "che tutta questa triste vicenda si chiudesse davvero''. ''Non mi sembra il caso di affidarsi alla via giudiziaria - commenta all'Adnkronos - cosi' rischia di trasformare il suo impegno in una battaglia politica, che poi era quello che gli era stato rimproverato da alcuni, di avere cioe' non solo l'obiettivo di difendere le scelte che la figlia avrebbe espresso ma di avere appunto anche finalita' politiche. Cosi' Beppino Englaro rischia un autogol".

Vittorio Feltri - "Noi non abbiamo mai insultato Beppino Englaro, che a mio giudizio fa benissimo a rivalersi nei confronti di chi invece lo ha fatto", dice all'ADNKRONOS il direttore di 'Libero' Vittorio Feltri, che aggiunge di non credere che la 'civil action' promossa dalla famiglia Englaro anche nei confronti di alcuni quotidiani possa riguardare 'Libero'. "Sulla vicenda -spiega Feltri- abbiamo ospitato una pluralita' di posizioni perche' non volevamo limitare l'espressione del pensiero di ciascuno, ma non ci siamo mai abbandonati all'insulto". "La mia posizione personale -prosegue Feltri- e' sempre stata a favore della liberta' di scelta e sono convinto che Beppino Englaro abbia agito nella legalita', dopo una sentenza. E se in uno degli articoli pubblicati da 'Libero', di segno contrario rispetto alla posizione che ho espresso, ci dovessero essere degli insulti nei confronti di Englaro, e' giusto che l'autore ne risponda: io non daro' neanche il supporto legale".

Mario Giordano - "Abbiamo difeso un principio, ma ci siamo ben guardati dall'offendere Beppino Englaro". Lo dice all'ADNKRONOS il direttore de 'Il Giornale' Mario Giordano, sottolineando come il quotidiano da lui diretto non abbia "mai scritto che il padre di Eluana e' un assassino". "Abbiamo sempre espresso -aggiunge Giordano- una posizione chiara: hanno fatto morire Eluana, non l'hanno 'lasciata andare' come qualcuno ha detto. Eluana continuava a vivere e l'hanno fatta morire attraverso l'ordinanza di un tribunale, trasformando un caso individuale in un caso pubblico nel tentativo di far passare un principio che per noi e' pericoloso e sbagliato".

Questa è stata una vicenda delicatissima, che ha scosso le coscienze. Ognuno si è interrogato e si è forse dato delle risposte.
Nessun membro della Chiesa ha ricordato la libertà di scelta del precedente Papa che, rendendosi conto del suo stato di salute e dell'inutilità delle cure, aveva rifiutato un nuovo ricovero in ospedale (che ormai chiamava scherzosamente "Vaticano Terzo") e avrebbe concluso i suoi giorni dicendo "Lasciatemi andare alla Casa del Padre". Oggi fa comodo dimenticarsi di quell'atto di amore verso la vita (perché il valore della vita va sostenuto anche impedendo il protarsi di quella che vita non è, ma che la scienza tanto temuta e osteggiata oggi può regalare) e di accusare di omicidio chi ha semplicemente interrotto un'alimentazione artificiale

5 marzo 2009

Assurdità da cartelli stradali, la sfida su Youtube

Trovo estremamente interessante l'enorme quantitativo di video sui cartelli stradali bizzarri che si trovano su Youtube. Gli ingredienti sono semplici: prendete delle immagini incomprensibili di cartelli stradali (rigorosamente originali) e preparatevi delle spiegazioni divertenti da riprodurre con un sintetizzatore vocale (es. Eloquens). Montate il tutto in un video e il gioco è fatto.
Il risultato ovviamente è subordinato all'ironia e alla creatività dei partecipanti. Ma è bello vedere quante proposte ci siano state, complici delle strumentazioni oggi accessibili a tutti. Mi ricordano i bei tempi di "Dramatic Chipmunk".
Una selezione dei migliori video (tra quelli che sono riuscita a vedere) sui cartelli stradali


4 marzo 2009

Dragon Ball Evolution. Così evolution da essere irriconoscibile

La notizia mi era sfuggita e francamente non ne avevo sofferto particolarmente. A ogni modo, il 10 aprile uscirà nelle nostre sale Dragon Ball Evolution, il film teoricamente ispirato alla saga di Goku & Co.
Dico in teoria perché guardando il cast e il trailer mi viene il dubbio che qualcuno si sia degnato di leggere il manga o di vedere l'anime.
Guardando il trailer non ho riconosciuto nessuno dei personaggi: Goku ha la stessa età di Bulma e non rispecchia in nulla l'originale (neppure nel taglio di capelli che non era poi così difficile da replicare); Bulma viene ripresa mentre combatte e chi conosce il Dragon Ball di Akira Toriyama sa che è impossibile; il maestro Muten, all'apparenza un innocuo vecchietto, diventa qui il fratello minore di Jackie Chan; il coso verde che sembra realizzato da un truccatore scartato per il film The Mask è in realtà Junior (o Piccolo, nel manga).

Vediamo che ne dicono in giro:
Da Mag.sky.it
è innegabile che il film, che tenta di portare nella realtà una delle serie animate più amate dal pubblico televisivo (e dai lettori di manga), verrà visto con un occhio più che critico da parte dei fan.Rispetto al fumetto e al cartone animato le origini di Goku vengono cambiate abbastanza nel film. Se vi ricordate bene, nelle storie disegnate da Akira Toriyama, la prima apparizione di Goku è in una foresta mente tenta di pescare usando la sua coda. Ad incontrarlo è la giovane Bulma, alla ricerca delle mitiche sette sfere del Drago.

Nel film invece Goku è uno studente come gli altri, un po' silenzioso e isolato e assolutamente ignaro dei propri poteri. All'età di diciotto anni si mette alla ricerca del maestro Muten (interpretato da Chow Yun Fat, uno dei più grandi attori cinesi), un uomo che gli permetterà di controllare il potere dell'Aura, e delle sette sfere del Drago. Ad interpretare Goku è l'attore canadese Justin Chatwin.

Come vedete le differenze tra film e cartone animato sono abbastanza evidenti, ma i produttori assicurano che, nei combattimenti e nello spirito, le due storie si assomigliano molto. A noi non resta che aspettare e valutare il risultato finale.

Certo, i produttori non possono che augurarsi che faccia furore al botteghino. Del resto hanno già pronto il seguito, un azzardo con tante e tali "licenze" cinematografiche sulla storia originale da far storcere il naso agli appassionati della sega di Toriyama.
Dimenticavo un dettaglio: il costo del film è stato di 100 milioni di dollari. E francamente, visti gli effetti speciali del trailer, mi sembrano anche un po' spesi male. Il responso definitivo a dopo la proiezione...

2 marzo 2009

Sbatti il mostro in prima pagina

Chi come me ha vissuto nelle zone più colpite da Unabomber, sa bene cosa voglia dire aver paura di aprire una scatola di uova o di pelati. Poi con la paura si riesce a convivere, fino alla nuova tragica vicenda che la rinnova.
In questa disperata ricerca del colpevole, dopo anni in cui si brancolava nel buio, le vittime sono tante: chi è rimasto sfregiato, chi ha riportato ustioni, chi ha perso in parte degli altri e chi si è visto distruggere la vita.
E' il caso dell'ingegnere a lungo ritenuto l'unico artefice degli ordigni seminati nel Nord Est.
Peccato solo che fosse innocente.
Non è la prima volta che un innocente viene messo in croce prima che una sentenza definitiva sia stata pronunciata. E la lentezza disarmante e insostenibile della giustizia non aiuta chi vorrebbe riconosciuta quanto prima la propria estraneità ai fatti contestati.
Complici i mass media e la loro tendenza a sbattere "il mostro" in prima pagina, complice il desiderio della popolazione di riacquistare la serenità perduta, troppo spesso si cerca un capro espiatorio (arrivando addirittura a inquinare le prove come in questo caso) anziché cercare IL colpevole. E le sofferenze patite da Zornitta in questi anni hanno lasciato evidenti tracce sul suo volto, che appare molto più invecchiato e sofferente di come si mostrava all'inizio della sua epopea giudiziaria. Sull'Espresso un'interessante intervista che spiega il calvario di quest'uomo e della sua famiglia: Zornitta: così è cambiata la mia vita.
L'altra sera, vedendo uno speciale sul delitto Garlasco in una tv locale, mi sono domandata cosa dovesse passare nella testa della gente che urlava "assassino" a un ragazzo che fino a prova del contrario andrebbe considerato innocente.
E che in tutta questa vicenda, oltre alle proprie sofferenze per la perdita di una persona cara, potrebbe anche vedersi costretto a difendersi da un'accusa pesantissima come quella di omicidio, e da altre meno gravi penalmente ma che comunque ti rovinano la reputazione, come quelle di detenzione di materiale pedo-pornografico.
Gli "assassino", se proprio fanno stare meglio, teniamoceli per dopo la sentenza...