22 aprile 2008

Sparlare dei colleghi via e-mail è reato

In ogni ufficio c'è almeno un collega che non si sopporta. Ma non sparlatene via e-mail, potreste beccarvi un processo per ingiuria. Per spettegolare è quindi molto meglio utilizzare messenger. Ma solo dopo esservi accertati che il vostro interlocutore abbia disabilitato il salvataggio automatico delle conversazioni...

Nelle e-mail indirizzate ai colleghi dell'ufficio è meglio non sparlare degli altri compagni di lavoro, specie quando al diretto interessato non viene mandata la corrispondenza telematica che lo riguarda. Infatti, se chi invia la posta sa che, prima o poi, il collega di cui sparla lo verrà a sapere, rischia un processo per ingiuria davanti al giudice su querela della persona offesa dalle maldicenze. Lo sottolinea la Cassazione con la sentenza 16425 della Quinta sezione penale. Con questa decisione la Suprema Corte ha accolto il ricorso di Amelia G., impiegata presso una ditta veneta di Bassano del Grappa. Il comportamento della donna era stato criticato in una e-mail che il suo collega Gino F. aveva mandato a tutti gli altri dipendenti e nel quale prendeva di mira la "sfacciataggine" di Amelia, che secondo Gino "abusava dei congedi parentali".

Solo ad Amelia, Gino non aveva inviato l'e-mail che la riguardava. Qualcuno, però, aveva provveduto a recapitare una copia dell'epistola nel cassetto della scrivania di Amelia. La donna, sentendosi offesa, aveva querelato Gino. Ma sia in primo sia in secondo grado, prima il giudice di pace di Bassano del Grappa (con sentenza del 27 settembre 2005), e poi il tribunale di Bassano (con sentenza del 25 gennaio 2006), avevano assolto Gino con la formula "perché il fatto non sussiste". Adesso, invece, la Cassazione ha deciso di riaprire il caso e l'uomo rischia una condanna penale oltre a dover pagare un risarcimento danni ad Amelia. Spiega in proposito la Cassazione che "trattandosi di ingiurie epistolari, anche se lo scritto è stato inviato a persone diverse dall'offeso, il delitto si perfeziona a condizione che l'agente, all'atto dell'invio, abbia avuto indubbia consapevolezza che lo stesso sarebbe stato comunicato all'offeso". La procura della Cassazione aveva chiesto la conferma dell'assoluzione. Ma gli 'ermellini' hanno dato ragione ad Amelia.
Fonte: Ansa

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