24 gennaio 2008

Muore per infarto, la messa deve continuare

Mentre al Senato si decide del futuro del Governo Prodi, una notizia che ha ben poco a che fare con la politica ha catturato il mio interesse. A Trento, durante una celebrazione liturgica, un uomo è morto d'infarto. Il parroco ha deciso di continuare la messa, senza sentirsi in dovere di abbreviare il rito. I Queen avrebbero detto "Show must go on" ma la religione è una cosa ben più seria. Scontata la grandinata di polemiche.

Non entro nel merito della sua scelta. Non essendo credente, mi ritengo la meno adatta a parlare di fede e di riti da portare a termine. Magari il parroco si sentiva di interpretare in questo modo la volontà del defunto, estremamente devoto. Magari è dell'idea che la messa è così sacra che nulla la può fermare. Non è un po' quello che avviene nel film Mission? Le persone vengono uccise, ma i sopravvissuti continuano a professare la loro fede.

A farmi riflettere è stata l'immagine che ho visto al tg, di cui riporto una copia rimpicciolita. La gente seduta, spalle al cadavere abbandonato sul pavimento con uno squallido lenzuolo a coprirlo, ha continuato a seguire la messa. Perché? Perché non se ne sono andati? O altrimenti, perché non si sono riuniti a cerchio attorno al loro compaesano morto? Per loro non era accaduto nulla, solo un imprevisto da raccontare ad amici e parenti?
Penso che un luogo di culto dovrebbe sostenere la sacralità della vita e della morte. Questa immagine non solo manca di sacralità: manca di umanità.

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